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politica

La religione e la tolleranza verso gli immigrati. Il caso dei cristiani europei

 

 

Il leader della Lega Matteo Salvini qualche giorno fa ha preso una posizione netta sul soccorso ai migranti in mare, sostenendo che bisogna chiudere i porti e mandare altrove le navi che si avvicinano alle nostre coste.

Diversi commentatori lo hanno però accusato di incoerenza dopo aver giurato sul Vangelo alla fine di un comizio, a Milano, qualche mese fa.

Certo è però che questa e altre idee dello stesso tenore sono più comuni fra i cristiani che non fra chi afferma di non essere affiliato ad alcuna religione. Lo mostra uno studio appena pubblicato dall’istituto Pew Research Center intitolato “Being Christian in Western Europe”, e condotto nel 2017, in cui i ricercatori hanno mappato la religione nel continente sotto tantissime dimensioni.

Gli autori sottolineano intanto che “l’identità cristiana in Europa è associata con un maggior livello di sentimenti negativi verso immigrati e minoranze religiose”. Che frequentino la chiesa o meno sono proprio i cristiani, continua il rapporto “a esprimere più probabilmente posizioni negative verso immigrati, musulmani o ebrei”.

Si tratta di un atteggiamento che si estende anche ad altri modi di rapportarsi con il prossimo: rispetto ai non religiosi, per esempio, i cristiani dichiarano anche più spesso che la propria cultura è superiore alle altre. “In altre parole, notano gli autori, i cristiani europei nel complesso tendono a esprimere in maggior misura posizioni nazionaliste”.

Lo studio è stato realizzato attraverso circa 24mila interviste telefoniche, mediante le quali è stato contattato un campione di adulti selezionati in maniera casuale e che ha incluso anche quasi 12mila cristiani non praticanti. Il peso della religione nella vita delle persone diventa ogni anno meno importante, mostrano ormai diverse analisi, ma nonostante questo “l’identità cristiana resta un potente indicatore nell’Europa occidentale, anche fra coloro che vanno in chiesa solo di rado. Non si tratta affatto di un’identità di facciata e priva di conseguenze pratiche. Al contrario, i punti di vista religiosi, politici e culturali dei cristiani non praticanti spesso differiscono da quelli dei praticanti e degli adulti non affiliati ad alcuna religione”.

La definizione di “cristiani non praticanti”, nello studio, conta coloro che si identificano come cristiani ma non frequentano funzioni religiose per più di poche volte l’anno.

La differenza di valori fra cristiani e non emerge per esempio già a partire da come si guarda all’immigrazione. Già di suo, mostrano i risultati dello studio, l’Italia appare come la nazione europea i cui cittadini ritengono più spesso sia necessario ridurre il numero di immigrati. Lo pensa il 52% degli italiani, contro un valore europeo mediano del 38%. Nel nostro paese come in quasi tutti gli altri, però, i cristiani meno tolleranti verso l’immigrazione sono molti di più rispetto a chi invece non professa alcuna religione.

Anche solo rispetto alle altre nazioni più popolose la differenza è enorme: e persino con la Spagna, cui ci avviciniamo di più per valori e credenze che a qualunque altro paese. Lì la fetta di adulti secondo cui è necessario ridurre l’immigrazione cala di tredici punti percentuali – che spalmata all’intera popolazione adulta vuol dire milioni di persone di differenza –, e persino i cristiani praticanti sono d’accordo con questa idea un po’ meno spesso rispetto agli italiani nel complesso.

Da questo punto di vista la Francia appare come la nazione più tollerante, e in cui meno di un adulto su tre spinge per ridurre il numero di immigrati. Fra i non religiosi questo numero cala fino al 20%: con Irlanda e Svizzera il più basso d’Europa.

Un’interessante inversione compare invece nei paesi scandinavi, dove i cristiani praticanti risultano invece più favorevoli all’immigrazione sia rispetto alla popolazione generale che ai non praticanti. Finlandia, Svezia e Norvegia condividono questi valori, e nel complesso sono più tolleranti dell’immigrazione rispetto all’intero continente preso insieme.

Ai rispondenti, in dettaglio, è stato domandato cosa pensavano degli immigrati del medio oriente come quelli provenienti dalla Siria, oppure degli africani per esempio di origine nigeriana.

Non sembra esistere, d’altra parte, un legame immediato fra numero di immigrati e atteggiamento verso di loro. Secondo i dati Eurostat  in Francia ci sono un po’ più immigrati ogni mille abitanti che in Italia, ma questo non impedisce ai francesi di essere i più contrari a ridurne il numero. E anche andando in luoghi dove la densità di immigrati è molto maggiore non è detto che crescano le persone che vi si oppongono – è il caso per esempio di Germania o Regno Unito.

Se invece di considerare l’immigrazione prendiamo un tema affine a livello di valori, ma naturalmente diverso come il rapporto con l’islam, troviamo di nuovo che pur all’interno di culture diverse resta una costante: i cristiani, praticanti e non, risultano meno tolleranti rispetto ai non religiosi.

Chiedendo agli adulti europei se secondo loro l’islam è incompatibile con i valori della propria nazione, l’Italia risulta ancora in testa con il 53% del totale che si dice d’accordo. Questa volta l’unica a superarla – e di parecchio – è però la Finlandia (62%), con l’Austria che segue a poca distanza (48%).

Rispetto alla domanda sull’immigrazione, in Italia la differenza fra cristiani praticanti e non religiosi è ancora più ampia. Fra chi ritiene l’islam incompatibile con i valori nazionali nel primo caso arriviamo al 63% del totale, nel secondo al 36 – entrambi numeri comunque superiori al risultato mediano europeo, e che mostrano un paese culturalmente spaccato in due.

 

 

Un elemento importante da sottolineare è che questi risultati non significano per forza che la maggior parte dei cristiani europei la pensino in questo modo. Gli autori della ricerca anzi spiegano che “molti indicatori e in molti paesi mostrano che solo una minoranza dei cristiani europei esprime posizioni negative su immigrati e minoranze religiose”. Certo però l’Italia non è fra essi: si tratta appunto di una delle eccezioni citate, mentre al fondo quello che rompe lo stereotipo è la differenza rispetto agli atei.

Esistono poi “altri fattori oltre l’identità religiosa strettamente connessi con punti di vista su immigrazione e minoranze religiose. Per esempio maggiore istruzione oppure la conoscenza personale di un musulmano vanno di pari passo con una maggiore apertura”. E tuttavia “usando tecniche statistiche per controllare per una serie di fattori come età, istruzione, ideologia politica, conoscenza personale di ebrei o musulmani […] gli europei occidentali che si identificano come cristiani esprimono più di frequente sentimenti negativi verso immigrati e minoranze religiose rispetto a chi non è affiliato a nessuna religione”.

Almeno stando a come la pensano gli italiani, le dichiarazioni di Salvini sarebbero state tutto sommato più strane se le avesse pronunciate da ateo.