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cronaca

L’effetto Covid-19 sull’inquinamento nelle città lombarde

Restare a casa per contenere l’epidemia di Covid-19 significa anche ridurre il numero di auto che circolano lungo le strade. E, di conseguenza, anche gli inquinanti presenti nell’aria. Per provare a capire quanto la quarantena abbia inciso sotto questo profilo, Infodata ha scelto di affidarsi ai dati delle centraline di Arpa Lombardia, l’agenzia regionale per la protezione dell’ambiente, presenti a Milano, Bergamo, Brescia, Lodi e Pavia, i capoluoghi delle province lombarde più colpite dall’epidemia di nuovo coronavirus. Il risultato è rappresentato in questa infografica.

 

Sul grafico sono rappresentati i valori registrati dalle centraline ora per ora dal 1 febbraio al 26 marzo. Il primo filtro che si incontra sotto il grafico (chi legge da desk lo trova in alto a sinistra) permette di restringere l’arco temporale. Gli altri consentono di spostarsi da una città e da una centralina all’altra, oltre che di selezionare gli inquinanti.

Si noterà che la scelta è stata quella di non prendere in considerazione i Pm10, le cosiddette polveri sottili che spesso riempiono i titoli dei giornali durante i mesi invernali, ma gli ossidi di azoto e, in particolare, il biossido di azoto. Una scelta dettata dal fatto che il principale emettitore di questi inquinanti sono i motori diesel: riducendo il numero di auto in circolazione, l’aspettativa era quella di osservare un riduzione della concentrazione di queste sostanze.

Ora, anche tenendo conto del fatto che i veicoli commerciali, che più spesso sono alimentati a gasolio, possono continuare a circolare, se si osserva il grafico, si nota una tendenza alla contrazione della presenza di questi inquinanti. Una tendenza, va detto, che si riscontra in tutte le centraline prese in considerazione. Per quanto questa riduzione non sia completamente imputabile al fatto che ci sono meno automobili lungo le strade.

«L’elemento meteoclimatico è sempre quello che decide», spiega Dario Di Simine, responsabile scientifico di Legambiente Lombardia, «per osservare delle tendenze anomale bisognerebbe correlare il dato delle concentrazioni di inquinanti con quello meteorologico. E dovremmo avere a disposizione lunghe serie temporali, cosa che ovviamente non è possibile». Questo perché, fortunatamente, l’epidemia di Covid-19 è un fatto nuovo.

Ancora, «sui dati di febbraio pesano anche gli impianti di riscaldamento, per quanto abbiano un ruolo nella generazione degli ossidi di azoto minore rispetto alle automobili». Nello stesso mese, poi, «il fenomeno di inversione termica (che mantiene gli inquinanti al livello del suolo, ndr) è ancora forte e persistente». A ridurre gli NOx, il nome chimico degli ossidi di azoto, anche il fatto che «reagendo con l’ammoniaca presente nell’atmosfera una parte si trasforma in polveri sottili».

Insomma, la contrazione che si osserva non è tutta legata al blocco delle auto. Secondo Di Simine è possibile che la riduzione dovuta al contenimenti dell’epidemia sia «compresa tra il 30 ed il 40%». Una contrazione positiva sotto il profilo ambientale, meno ovviamente sul piano economico. E ancora meno se si pensa che è dovuta allo sforzo di contenere un’epidemia che ha già ucciso migliaia di persone in tutto il Paese.