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cronaca

Nasce Cura, progetto open-source per costruire unità di terapia intensiva

Si chiama Cura e l’acronimo sta per “Connected Units for Respiratory Ailments”, ovvero “Unità connesse per le malattie respiratorie”. Si tratta di un progetto open-source per rendere più efficiente la costruzione di nuove unità di terapia intensiva. Il primo prototipo è in corso di sviluppo a Milano, grazie al sostegno di UniCredit. Il progetto utilizza container riconvertiti per creare stanze di biocontenimento trasportabili in qualsiasi città del mondo, così da rispondere con prontezza alla propagazione della malattia e alla carenza di postazioni nelle terapie intensive degli ospedali. Fanno parte dell’inziativa tra gli altri l’istituto Clinico Humanitas (Ingegneria medica), Policlinico di Milano (Consulenza medica) e CRA-Carlo Ratti Associati con Italo Rota. Da quanto si capisce il progetto consiste in una unità compatta di terapia intensiva per pazienti con malattie respiratorie, alloggiata all’interno di un container intermodale a biocontenimento (grazie a un sistema a pressione negativa), della lunghezza di circa 6 metri. Ogni unità funziona in autonomia e può essere spedita ovunque. I container sono connessi da una struttura gonfiabile e possono generare configurazioni modulari multiple (da 4 a oltre 40 posti letto). Finora, la risposta all’emergenza ha portato alla creazione di strutture temporanee come tende ospedaliere e alla costruzione di unità prefabbricate di biocontenimento. “Se quest’ultima opzione richiede un notevole dispiego di tempo e risorse, la prima opzione – recita la nota – ha dimostrato di esporre il personale sanitario a rischi di contagio più elevati, oltre a mettere a dura prova le operazioni quotidiane, soprattutto sul lungo periodo”. Secondo chi ha seguito l’iniziativa Cura sarebbe rapido da installare come una tenda ospedaliera, ma sicuro per le attività mediche come un reparto di isolamento di un ospedale, grazie a dispositivi di biocontenimento. Il progetto segue le linee guida rilasciate dalle autorità cinesi per la lotta al COVID-19 negli ospedali, al contempo rendendone più veloce l’esecuzione. Ogni container CURA sarà dotato di tutte le strumentazioni mediche necessarie per accogliere due pazienti affetti da coronavirus in terapia intensiva, inclusi ventilatori polmonari e supporti per fluidi endovenosi. Tutti i container potranno essere collegati tra loro tramite un corridoio gonfiabile. La prima unità è attualmente in costruzione in Italia per essere testata in un ospedale a Milano. Chiaramente non è la prima inziativa relativa al miglioramento della produzione e installazione di unità di terapia intensiva. In questi giorni moltissime aziende private si sono messe a disposizione delle autorità sanitarie donando attrezzature o aumentando la produzione. Il progetto CURA è sviluppato senza scopo di lucro e secondo una modalità open-source, e invita ad ulteriori contributi e suggerimenti.Più informazioni sul progetto sono disponibili sul sito www.CURApods.org

Ultimi commenti
  • Anna Locatelli |

    Le mie più sentite cognatina Cioni per il progetto favoloso che avete realizzato. Spero vivamente di vederlo presto !!

  • Gianmario Sala |

    In questo momento, oltre alla necessità di medici e strumenti , per affrontare il Coronavirus avremmo bisogno di strutture già pronte. Ora stiamo allestendo tende, ora si propongono container, utilizzando palestre ecc… ma questa dispersione dei malati in strutture fatiscenti e poco consone causa comunque parecchio disservizio (pensate se fossimo in pieno inverno) . In Svizzera, ma nessuno sembra che lo sappia, generalmente sotto gli ospedali, in una struttura robusta e protetta anche da un eventuale crollo dell’ospedale sovrastante, esiste un altro ospedale grande come quello sovrastante e quindi dà molta sinergia in caso di calamità. I medici operano sempre in ambienti ravvicinati e molto organizzati. Basterebbe che in Italia quando si costruisce un’ospedale si progetti nei sotterranei dello stesso quanto prevedono in Svizzera. Io negli anni ’80 , ai tempi di Zamberletti, ero stato a Bellinzona, invitato dalla Protezione Civile Svizzera, a visitare l’Ospedale della città che c’era nel piano interrato; e questo gli svizzeri lo hanno fatto per quasi tutti gli ospedali Cantonali (ne hanno 92). Oltre a ciò hanno costruito ulteriori strutture più piccole che chiamano PSS posti sanitari di soccorso in svariate città più piccole (ne hanno 248).

  • Andrea DE STEFANO |

    Sono unità mobili che esistono da 30 anni, vengono realizzate dalla società Omar Technology srl, piccola realtà di San Donato Milanese…

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