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economia

Vecchiaia e qualità della vita, chi se la gode di più?

Un po’ tutti sappiamo che l’aspettativa di vita degli italiani è fra le più lunghe del mondo – in effetti secondo  l’Ocse fra tutti i paesi sviluppati è maggiore solo in Giappone, Svizzera e Spagna. Questo numero però ci dice poco sulla qualità di quegli anni, almeno dal punto di vista della salute. Sono tanti, d’accordo, ma quanti di essi sono poi vissuti davvero liberi da gravi malattie o disabilità?

 

Un indicatore dell’agenzia europea di statistica cerca di misurare esattamente questo, per provare a valutare la qualità della vita delle persone oltre che la loro longevità. In questo modo scopriamo che il quadro per le donne e gli uomini italiani è meno positivo di quanto la loro lunga aspettativa di vita farebbe pensare: nel 2017 Svedesi, Norvegesi, Irlandesi (e nel caso delle donne anche le tedesche) risultano godere di un maggior numero di anni di vita in salute rispetto ai nostri e alle nostre connazionali.

 

Un altro modo di rispondere alla stessa domandare è contare quanta parte dell’aspettativa di vita viene – in media – vissuta priva di gravi malattie. Anche con questa metrica non si può dire che gli italiani facciano male, ma certo dalla cima della classifica quanto a longevità essi scivolano più verso il centro.

 

Un altro dettaglio importante riguarda la differenza fra uomini e donne in Italia. Queste ultime tendono a vivere più a lungo – circa quattro anni e mezzo in più –, ma gli anni passati in buona salute sono praticamente identici fra i due sessi. Questo significa, s’intende, che la percentuale della propria vita spesa libera da gravi problemi di salute diventa allora maggiore per gli uomini stessi.

 

Un difetto di questo indicatore è che esso è più soggettivo rispetto all’aspettativa di vita, che si può calcolare in maniera molto più semplice. Nel momento in cui invece chiediamo alle persone se esse si sentono in buona salute o meno entrano in gioco tutta una serie di valutazioni individuali e culturali: esistono differenze nel modo in cui salute e malattia vengono percepite in nazioni diverse, oppure con il passare degli anni, e questo introduce un elemento di incertezza e variabilità nei risultati.

Come ricorda la stessa Eurostat, l’indagine da cui sono stati tratti i dati “non copre la popolazione ricoverata, per esempio”, che affronta limitazioni legate alla salute più di frequente a chi vive in abitazioni private”. È quindi probabile che i dati sottostimino i numeri reali.

Chiariti i limiti di questo tipo di statistiche, troviamo comunque che la popolazione italiana – è il caso sia delle donne che degli uomini – ha espresso per diversi anni un calo degli anni vissuti in buona salute. Soltanto di recente la situazione sembra essere cambiata in positivo.

Caso particolare è quello del Regno Unito, i cui abitanti esprimono da tempo un disagio crescente in questo senso, che si trasforma in una parte sempre minore della loro vita considerata in buona salute.

I numeri dell’agenzia europea di statistica consentono anche di stimare quanti anni, in media, le persone possono aspettarsi di vivere senza gravi disabilità a un certo punto della loro vita. Queste, è bene ribadirlo, sono considerazioni generali, mentre non esiste un modo per applicarle a singoli individui: ogni caso è diverso dall’altro e dipende dalle condizioni fisiche di una persona, il suo contesto socio-economico e così via.

Nel 2004, per esempio, una donna di 50 anni poteva aspettarsi grosso modo 24 anni ancora in buona salute, mentre nel 2017 questo numero è sceso a poco più di 20. Arrivati a 65 anni, gli anni che in media dovrebbero essere ancora in buona salute diventano oggi circa 10.

Come anticipato, i numeri per gli uomini sono simili nonostante questi ultimi vivano in media meno delle donne. Anche nel loro caso troviamo un certo livellamento verso il basso, e poi una discreta risalita proprio nel periodo più recente.