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economia

Balletto, teatro e calcio: chi cresce (e chi no) nello show business?

Fra le tante industrie italiane che faticano, che non prosperano oppure tornano proprio indietro, ce n’è almeno una che cresce senza grossi intoppi da diversi anni: lo spettacolo.  Secondo le ultime statistiche fornite dalla SIAE (Società Italiana degli Autori ed Autori), infatti, è almeno dal 2014 che il volume d’affari complessivo di questo settore appare in aumento.

 

Parliamo, s’intende, di un ambito molto eterogeneo e che al suo interno comprende tante attività diverse: dal calcio, al ballo, al cinema, fino alle fiere, ai parchi e al teatro. E guardando proprio alle singole categorie emerge con evidenza che è proprio il primo sport a essere responsabile – praticamente da solo – della crescita del volume complessivo d’affari.

 

Per dare solo un numero, se tre anni prima esso valeva in tutto 1,7 miliardi di euro, nel 2017 siamo sui 2,4 miliardi. Buona parte di questo successo si deve in particolare al 2015 e proprio al 2017, due anni in cui il volume d’affari è salito – in entrambi i casi – di circa 300 milioni rispetto al periodo precedente.

 

Un’identica storia positiva non può invece essere trovata in altre categorie di spettacolo, che spesso appaiono stagnanti o addirittura in calo. È per esempio il caso del cinema, che con il ballo si contende da anni il secondo posto quanto a dimensione complessiva del mercato. Tutti gli altri campi rappresentano invece una fetta molto più piccola dell’industria.

 

 

Al di là dei diversi tipi di mercato – senz’altro interessanti dal punto di vista economico – ci sono i singoli spettacoli, che poi alla fine della fiera sono dove le persone scelgono o meno di andare.

 

Uno dei fattori che incide sulla propensione delle persone ad andare o meno non può che essere il costo dell’evento. I dati Siae mostrano che fra tutti i tipi di spettacolo quelli di lirica tendono in media a essere i più salati; seguiti da concerti di musica leggera e sporti individuali.

 

Il calcio resta il singolo tipo di evento più importante, quanto a volume totale di affari, ma il costo di un ingresso non è poi elevatissimo e rimane intorno ai 15 euro. Questo numero, s’intende, esprime una media che va dalle piccole competizioni agli eventi più prestigiosi (e cari).

 

 

Negli anni il costo di alcuni eventi è salito abbastanza, di altri invece è rimasto tutto sommato stabile. Già la lirica era la più salata, e in quattro anni il prezzo da pagare è aumentato ancora. Qualcosa di simile è successo anche per i concerti di musica leggera e gli sport individuali: altri due settori oggi abbastanza più cari rispetto a un tempo.

 

Il costo medio per un evento calcistico è cresciuto in maniera molto contenuta, anche se proprio nel 2017 ha avuto un leggero picco superando per la prima volta, ancora in media, i 15 euro; cinema e ballo sono stabili da anni.

 

A questo va aggiunto che nella stessa finestra temporale che va dal 2008 al 2017 il livello dei prezzi è cresciuto di circa l’11%, il che ci aiuta a mettere i numeri in prospettiva e capire quali tipi di intrattenimento sono diventati più cari rispetto al costo generale della vita e quali no.

 

 

Un altro elemento che ricorre spesso, nel guardare a come gli italiani partecipano a spettacoli di ogni genere, è la stagionalità. I mesi davvero importanti per gli eventi sono, in generale, gennaio e luglio – dove rispettivamente troviamo i picchi invernali ed estivi. A inizio primavera e inverno troviamo invece il caso opposto, con il volume d’affari raffreddato al minimo.

 

Questo vale in generale, ma poi ogni attività ha i suoi picchi e le sue valli. Per parte sua, il calcio segue la tendenza media con massimi proprio a gennaio e luglio, mentre il cinema si sviluppa al massimo intorno a Natale ma poi d’estate si sgonfia molto.

 

Il ballo anticipa un po’ la tendenza generale, e invece che a gennaio ha il suo massimo a dicembre, mentre la stagione teatrale va certamente molto bene a inizio autunno. Da lì poi, però, è tutta una discesa fino all’anno dopo.