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tecnologia

Le case raggiunge dalla banda ultralarga, regione per regione

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Può esistere un’industria digitale senza banda ultralarga? Una domanda retorica, che al ministero dello Sviluppo economico si stanno ormai ponendo da diverso tempo e che si sta trasformando in un vero allarme in vista della presentazione del piano “Industria 4.0”, prevista entro metà settembre.
I dati interni, elaborati per il lancio del piano per la digitalizzazione del nostro sistema manifatturiero, sono a dir poco preoccupanti: il 65% delle aziende risulta nelle cosiddette “aree grigie”, cioè quello dove lo Stato non può intervenire in modo diretto per la realizzazione della rete internet superveloce. Alla fatidica scadenza del 2020, quella che forse troppo ottimisticamente dovrebbe sancire la realizzazione degli obiettivi europei dell’Agenda digitale, solo il 30% di queste aziende sarebbe coperto con una connessione pari ad almeno 100 megabit. Con diversi distretti industriali ancora fuori dal perimetro della fibra ottica. Davvero troppo poco in relazione a un piano industriale per il Paese che dovrebbe ispirarsi al modello Germania, dove oltre la metà delle oltre 6mila imprese manifatturiere con più di 100 milioni di ricavi ha effettuato o programmato investimenti in Industry 4.0.
Non è un problema da sottovalutare, considerato che la banda ultralarga ad almeno 100 megabit al secondo è giudicata una delle tecnologie indispensabili per abilitare la trasformazione digitale delle nostre imprese al pari per fare solo alcuni esempi del cloud computing e della cybersecurity.
Di qui l’idea che sta emergendo in ambito governativo di accelerare la predisposizione della fase 2 del piano banda ultralarga, quella che dovrebbe garantire una spinta pubblica anche nelle cosiddette aree grigie.
Articolo pubblicato su Il Sole 24 Ore del 1 settembre 2016 a pagina 11