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Cosa dobbiamo sapere dell’app Sora di OpenAi spiegato in cinque punti e sei video

OpenAI ha deciso di entrare nel mondo dei social video con un progetto che va oltre la semplice piattaforma di intrattenimento. Con Sora 2, l’azienda non presenta soltanto un modello generativo in grado di creare filmati sempre più realistici, ma una vera e propria applicazione sociale pensata per funzionare come un ecosistema autonomo. Non si tratta solo di un aggiornamento tecnico rispetto al primo Sora. È un cambio di strategia. L’azienda di Sam Altman entra direttamente nel terreno dei social video, lo stesso dove si muovono TikTok, YouTube e Instagram. La differenza è che i contenuti non vengono caricati dagli utenti ma generati dentro l’app. Sam Altman lo paragona al momento “ChatGPT per la creatività” e mette in chiaro che la sfida vera non è solo tecnica, ma etica: come evitare feed tossici, deepfake abusivi o dipendenza. E non sarà semplice. Vi spieghiamo in cinque punti e con quattro video quello che dovete sapere.

Come funziona?  Sora 2 non è soltanto un generatore di immagini animate: produce video coerenti, con ambienti che rispettano regole fisiche e scene che non si disgregano dopo pochi fotogrammi. L’attenzione è rivolta a superare uno dei limiti più vistosi dei modelli precedenti, ovvero la difficoltà di mantenere consistenza nello spazio e nel tempo. Qui l’obiettivo è costruire universi che sembrino plausibili, capaci di restituire la sensazione di una realtà alternativa e non di un collage digitale. Permette come Nano Banana di Gemini “injecting elements of the real world” — cioè inserire una persona, un animale o un oggetto reale in un ambiente generato, basandosi su una registrazione iniziale per catturare identità/voce.

La dimensione sociale di Sora 2. Accanto alla parte tecnica c’è la dimensione sociale. L’app di Sora funziona come un feed di video brevi, chiaramente ispirato a TikTok o ai Reels di Instagram. La differenza però sta nell’interazione: non si tratta soltanto di guardare contenuti e scorrerli in modo passivo, ma di poterli remixare, modificarli, e soprattutto inserirsi dentro di essi. È questo che fa la vera differenza rispetto ai concorrenti: la creatività degli utenti non è limitata a un commento o a un filtro, ma diventa generazione diretta, con la possibilità di trasformarsi in attori digitali delle proprie storie. Differenza chiave rispetto a TikTok: l’intento non è solo consumo passivo, ma remix creativo: l’app incoraggia la partecipazione, non solo lo scroll infinito.

Cosa sono i cameo, il deepfake consensuale e la questione dei vip. 

Il sistema limita (per il momento) le generazioni a video brevi (10 secondi) e applica restrizioni sull’uso di volti non autorizzati (in particolare personaggi pubblici) per mitigare abusi. Ed è qui che entra in gioco il concetto di “cameo”. Ogni utente può registrare la propria faccia e la propria voce, concedendo il permesso di essere usato nei video generati dall’intelligenza artificiale. Non si tratta di un furto d’identità ma di un sistema regolato: chi presta il volto mantiene il controllo, può revocare l’autorizzazione in qualsiasi momento e diventa co-proprietario del contenuto insieme a chi lo ha creato. È una forma di deepfake consensuale, che cerca di affrontare di petto il problema dell’abuso di immagini personali online. Qui la questione del copyright è cruciale: l’uso del volto e della voce non è libero, ma vincolato a un consenso esplicito e revocabile. In altre parole, OpenAI cerca di introdurre un modello di gestione dei diritti sull’identità digitale, qualcosa che le piattaforme tradizionali non hanno mai realmente affrontato.

Chi può usare Sora? 

Il modello Sora 2 è già stata lanciata, con app iOS disponibile solo su invito negli Stati Uniti e in Canada.

Infine, resta aperto il capitolo dei rischi. I modelli video generativi sono ancora imperfetti e non sempre affidabili, i costi di calcolo sono elevati e la gestione della sicurezza richiede continui aggiustamenti. La tentazione di monetizzare attraverso la pubblicità potrebbe spingere il sistema verso le stesse logiche tossiche che oggi dominano i social tradizionali. Il pericolo insomma è che il feed diventi un “algoritmo cattivo” se la monetizzazione premia l’engagement a ogni costo — OpenAI afferma di voler evitarlo, ma nella pratica il modello di business (pubblicità, sponsorizzazioni, incentivi) può alterare i comportamenti.  OpenAI afferma di voler seguire una strada diversa, ma sarà la pratica quotidiana a decidere se Sora 2 sarà davvero un’alternativa più sana o soltanto l’ennesima piattaforma in cerca di attenzione. Sam Altman e il team dichiarano che vogliono evitare che Sora diventi una “macchina del doomscrolling” ottimizzata per tempo-speso, e puntano a ottimizzare la soddisfazione a lungo termine degli utenti

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