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Decoupling, materialità della tecnologia e la “confusione degli orologi”. #ungraficoeunlibro

Nel 2019 il Financial Times ha eletto «decoupling» a parola dell’anno. Con questo termine si indica il fenomeno per cui due o più elementi inizialmente contigui perdono il loro legame e cominciano, per questo, a evolvere in maniera divergente. Questo è quanto sta accadendo a livello mondiale nel campo della tecnologia. L’impetuosa espansione del commercio internazionale e dello sviluppo tecnologico, avvenuta negli ultimi tre decenni sotto la guida egemonica statunitense, oggi segna il passo. Il «dividendo della pace» incassato dopo la fine della Guerra fredda dalle potenze d’Occidente, in termini di rafforzamento economico e nuove opportunità di mercato, non basta più ad alimentare l’ottimismo dei governi USA, che con sempre maggiore frequenza negli ultimi anni hanno fatto ricorso a misure strategiche limitative della cooperazione tecnologica. Il recente saggio di Alessandro Aresu Il dominio del XXI secolo: Cina, Stati Uniti e la guerra invisibile della tecnologia (Milano, Feltrinelli, 2022) ci aiuta a comprendere un fenomeno sempre più pervasivo e meglio delineato: quello della guerra tecnologica.

Katherine Thai, rappresentante per il commercio degli Stati Uniti, ha parlato apertamente di una «fondamentale incompatibilità» tra un’economia come quella americana, orientata al mercato e fondata su una stretta separazione tra settore privato e settore statale; e un’economia come quella cinese, in cui il controllo e l’intervento dello Stato prevalgono sulla logica ‘naturale’ dei mercati. Questa sostanziale inconciliabilità tra i due principali sistemi economici del mondo si afferma, secondo Aresu, in uno scenario globale che richiede, per essere compreso, il ricorso a una quadruplice chiave di lettura.

Il primo aspetto rilevante è ciò che Aresu definisce «confusione degli orologi». L’eredità ideologica di una globalizzazione oggi sempre più in crisi consiste, tra le altre cose, nella falsa idea di una ‘uniformità’ sinora mai realizzata e forse strutturalmente impossibile (come ci ha mosstrato l’antropologo indiano Arijun Appadurai). Gli orologi ticchettano secondo ritmi diversi: « Noi non viviamo nello stesso spazio e nemmeno nello stesso tempo, nonostante i processi di globalizzazione abbiano alimentato una percezione di unità, di simultaneità dello spazio e del tempo che non corrisponde alla realtà dei fatti e delle forze in campo». Questa disomogeneità dei tempi storici (ossia la differente scansione del tempo a seconda dei luoghi, che equivale a una sua cognizione regionalizzata) produce effetti sia sulla produzione (le catene del valore) sia sulla cooperazione culturale e scientifica tra le due principali superpotenze. Alla confusione degli orologi «corrisponde il tentativo di cambiare e regionalizzare le supply chains, i sistemi di approvvigionamento e vendita dei beni a livello globale, limitando la loro interconnessione, per liberarsi dall’influenza di avversari reali o presunti». A ciò si aggiunge una sempre più marcata tendenza a limitare la mobilità dei talenti, considerate come risorse strategiche da sottrarre al nemico. Infatti, sebbene l’export cinese dei talenti sia cresciuto dal 2.000 del 1.600%, giungendo a 600.000 unità nel 2018, si prevede nei prossimi anni che la Cina — proprio a causa della competizione tecnologica — riuscirà con sempre maggiore difficoltà a far accogliere i propri studenti in molte università estere, specie in quelle dell’anglosfera. Il rallentamento dei visti concessi dagli USA a studenti e ricercatori in discipline come la robotica, l’aviazione e le biotecnologie è già in atto dal 2019. Aresu allude a una vera e propria «paura rossa» alimentata in particolare dall’Fbi: «a febbraio 2020 il direttore Christopher Wray ha affermato che il Bureau “ha circa mille inchieste aperte sui tentativi di furto da parte di cinesi di tecnologie statunitense, in tutti i nostri cinquantasei uffici, e riguardano tutte le industrie e tutti i settori. Non solo le industrie della difesa. I cinesi prendono di mira le aziende che producono qualunque cosa, dai semi di riso e mais al software per le turbine eoliche, fino alla strumentazione medica avanzata”».

 

La crescita del numero di studenti cinesi accolti nei college e nelle università americane tende a rallentare. Il crollo in corrispondenza dell’anno accademico 2020/2021 è dovuto naturalmente alla pandemia, ma la tendenza evidenzia un rallentamento che, date le politiche in atto, proseguirà con buona probabilità anche nei prossimi anni. Fonte: Statista 2022.

 

Ciò arriva persino a generare conflitti tra istituzioni interne: «A luglio – riporta Aresu – davanti a nuove regole sempre più restrittive sugli studenti stranieri, il Mit e l’Università di Harvard hanno citato in giudizio l’agenzia per l’immigrazione Ice e il dipartimento di Sicurezza Interna presso la corte federale del Massachussets».

 

La seconda chiave di lettura riguarda l’interventismo dello Stato e il ‘sanzionismo’. La ‘sicurezza’ nazionale è un parametro che si applica con sempre maggior rigore alle filiere produttive ed economiche, prescindendo, tuttavia, da considerazioni di natura strettamente securitaria o efficientistica. Non tutto è questione, propriamente, di sicurezza o efficienza economica; al contrario, molto ha a che vedere con il primato che la politica rivendica oggi sull’economia e che si concreta nell’uso «ipertrofico» – così si esprime Aresu – delle sanzioni. Politiche fondate su misure restrittive di natura finanziaria e commerciale sono sempre più energiche e frequenti, e sortiscono i loro effetti in ambiti sempre più vasti: «Una riga dei documenti dell’Ofac (Office of Foreign Assets Control) o del Bis (Bureau of Industry and Secutiry), gli apparati sanzionatori e di controllo delle esportazioni di Washinghton, rappresenta il proverbiale battito di farfalla che può modificare i destini di imprese e filiere a migliaia di chilometri di distanza. Oltre a generare effetti imprevisti. Perciò nessun paese o nessuna grande impresa può permettersi di stare al mondo senza studiare seriamente le sanzioni. Chi non lo fa è destinato a pentirsene».

 

Il terzo aspetto sostanziale è la materialità della tecnologia che «anche quando ci fa vivere virtualmente, possiede un’essenziale dimensione fisica. Ciò che crediamo virtuale, e perciò etereo, si alimenta di interazioni materiali: «le catene del valore, le minere, le fabbriche, i chip, le batterie, i centri di stoccaggio e raffinazione, i robot, i pacchetti, i cavi sottomarini, i satelliti, i laboratori, l’organizzazioen logistica». Questa predominante dimensione materiale della tecnologia spiega la tendenza all’approccio securitario: «Una penetrazione virtuale nella falla di un sistema può bloccare o alterare una macchina, così come un essere umano può inserire una chiavetta USB in un computer e danneggiare una turbina».

 

Il quarto e ultimo tema è quello dei costi di un mondo diviso. Siamo giunti al friendshoring, ossia l’inserimento del parametro della fiducia politica e dell’amicizia nelle transazioni di mercato: «Non possiamo permettere ai Paesi – ha dichiarato Janet Yellen, segretario al Tesoro degli Stati Uniti – di utilizzare la loro posizione di mercato in materie prime fondamentali, tecnologie o prodotti fino ad avere il potere di danneggiare la nostra economia o di eserciatre una leva geopolitica ostile». Le barriere commerciali, le sanzioni e il ridisegno dei processi produttivi, la compartimentazione tecnologica delineano due diverse sfere di influenza – una americana e una cinese -, toccando trasversalmente più settori (il comparto delle batterie per veicoli elettrici e dei semiconduttori, il mondo dei social network – TikTok e Wechat – l’ambito della ricerca scientifica, e così via). Esse, tuttavia, non corrispondono a percorsi automatici e lineari, ma implicano aggiustamenti e trasformazioni che scuotono sistemi che immaginavamo già saldi, determinando costi economici, sociali e politici anche ingenti.

 

Ma il libro di Aresu non parla solo di questo. Il dominio del XXI secolo è un ricco florilegio di fatti e riflessioni a metà tra la cronaca tecnologica e l’analisi geopolitica; un agile percorso tra gli episodi recenti di un conflitto epocale che riguarda, giorno per giorno, la vita di noi tutti.

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