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cronaca

Covid-19, il rischio di escalation in Europa, paese per paese

 

Il principale argomento portato da chi sostiene che stiamo esagerando con tutto questo “allarmismo”, è che in Italia la situazione pare tutto sommato sotto controllo e che quindi la mascherina e il distanziamento non sono così necessari. Nella scorsa puntata avevamo mostrato con i dati che non è poi così vero, ma anche fosse così, il punto nevralgico di una pandemia è che è – per l’appunto – mondiale. Le frontiere sono attualmente aperte verso la maggior parte dei paesi che non stanno riuscendo a contenere il numero dei contagi. Anzi: in grossa parte dei paesi europei il numero dei nuovi casi in questi giorni è superiore a quello di aprile, a partire dalle mete estive più rinomate: Croazia, Grecia, Spagna, Malta, per le quali è stato introdotto non a caso l’obbligo di tampone (gratuito) al rientro in Italia.

 

Ma non solo. Presentano in queste settimane un trend in pericolosa crescita la Polonia, il Belgio, la Francia, la Romania, la Slovacchia, la Repubblica Ceca, i Paesi Bassi. E sì: anche la Svezia, tanto decantata perché sarebbe riuscita a contenere il numero dei contagi da subito senza obbligare a noiosi lockdown. Eppure, nonostante i casi fossero così pochi, a distanza di sei mesi non sono scesi più di tanto.

 

Oltre al numero dei casi è importante tenere conto del numero dei morti, che nella maggior parte dei paesi non cala. Nella settimana 32 (3 – 9 agosto 2020) la percentuale di decessi fra positivi in Europa è stata dell’1,6% (dato OMS ). Secondo questo rapporto settimanale dell’Ufficio Europeo dell’OMS, il numero di casi e di decessi segnalati nella regione nella settimana 32/2020 è rimasto stabile rispetto alla settimana precedente: 2.782 persone.

 

Anche l’ECDC   (che leggevamo tutti a inizio epidemia e che poi pare sia passata di moda) interpreta il rischio come elevato. Alla domanda: qual è il rischio di un’ulteriore escalation di COVID-19 in tutti i paesi dell’Unione Europea e nel Regno Unito, a partire dal 10 agosto 2020? Risponde: “il rischio di un’ulteriore escalation di COVID-19 è moderato per i paesi che continuano a implementare e applicare più misure, incluso il distanziamento fisico, e hanno una capacità di tracciamento e test dei contatti sufficiente. Il rischio di un’ulteriore escalation di COVID-19 è molto alto per i paesi che non implementano o non applicano misure multiple, incluso il distanziamento fisico O CHE hanno una capacità di tracciamento e test dei contatti insufficiente.

 

Inoltre – aggiunge – il rischio di un’ulteriore escalation di COVID-19 è alto per i paesi che sebbene non riportino alcun aumento dei ricoveri, vedono comunque un aumento dei positivi (sempre ammesso – scrivono – che la capacità di testing sia sufficiente), suggerendo un aumento dei livelli di trasmissione. Per questi paesi, il rischio complessivo di escalation è molto alto se non implementano o rafforzano più misure, comprese misure di distanziamento fisico e tracciamento dei contatti.

L’ECDC fa un’altra cosa importante: può provare ad avere il polso della situazione delle ospedalizzazioni nei diversi paesi europei (e nel Regno Unito), elemento cruciale per la salute dei sistemi sanitari ma non facile da raccogliere in tempo reale. Per questo quindi si parla comunque di stime. Nella settimana dal 3 al 9 agosto e occupazioni ospedaliere e/o in terapia intensiva dovute a COVID-19 sono in sensibile aumento in Bulgaria, Polonia, Romania, Slovacchia e Slovenia. Complessivamente, il 26% dei casi di positività segnalati fino ad oggi sono stati ospedalizzati; tra i pazienti ospedalizzati, il 14% ha avuto bisogno di terapia intensiva e/o di supporto respiratorio.

 

A questo link  trovate l’andamento delle ospedalizzazioni paese per paese. Cliccate il paese sulla sinistra e poi cliccate “Hospital, ICU (che significa Terapie intensive, da Intensive Care Units) and SARI surveillance”. Come vedrete, nella maggior parte dei paesi si assiste nelle ultime settimane a un reincremento delle ospedalizzaizoni.

 

Ma andiamoli finalmente a vedere questi dati sull’andamento dell’epidemia, paese per paese, dalla piattaforma dedicata  sul sito web dell’OMS. Nota bene: dobbiamo tenere presente sempre la possibilità di un under reporting, cioè che i numeri più bassi della primavera siano dovuti a una minor capacità di intercettare i positivi. Rimane il fatto che evidentemente a fronte di una crescita dei contagi, il contact tracing e le misure messe in campo in questi paesi non sono state in grado di tenere sotto controllo la situazione.