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economia

Export, quale regione è più vulnerabile? Emilia-Romagna, Veneto e Toscana. Lo scenario

 

 

Come emerge dai primi dati di congiuntura relativi al primo trimestre del Pil, l’impatto del Covid-19 sull’economia italiana è ampio e diffuso, e riguarda sia la domanda interna sia quella estera, con importanti effetti sulle esportazioni. Questa analisi vuole fornire alcuni approfondimenti sull’effetto della caduta del commercio estero sull’economia, regione per regione.

Prometeia stima un calo del 14% del commercio internazionale nel 2020 rispetto al 2019. Una contrazione molto forte che avrà un effetto su quasi tutti i settori industriali e sui territori regionali. In questo scenario, quale regione soffrirà maggiormente il calo del commercio e perché?

Per rispondere a questa domanda sono stati presi in considerazione tre fattori:

  1. Il grado di apertura regionale: qual è il contributo dell’export al Pil di ogni regione?
  2. Struttura dell’export regionale: quali sono i settori di specializzazione che incidono maggiormente sull’export in ogni regione? Verso quali Paesi esporta principalmente la regione?
  3. Variazione della domanda estera nel 2020: qual è la variazione attesa della domanda di beni italiani, per settore e Paese di destinazione nel 2020?

Sulla base di queste informazioni Prometeia ha costruito un indice di vulnerabilità (compreso tra 0 e 1), dove 1 rappresenta il grado di vulnerabilità massimo delle regioni. Tale indicatore dipende direttamente dal grado di apertura di una regione e dalla variazione della domanda estera in Italia nel 2020, data la sua struttura dell’export. Questa dipendenza è rappresentata da due indici mostrati nel grafico: il grado di apertura (determinato dal rapporto tra export e Pil) e l’impatto della variazione della domanda estera, entrambi normalizzati alla regione il cui indicatore è maggiore.

Dall’analisi dell’indice composito di vulnerabilità, l’Emilia Romagna appare la regione più vulnerabile, seguita dal Veneto e dalla Toscana; la Calabria invece mostra la sua pressoché immunità alla contrazione del commercio internazionale.

Di fatti, l’Emilia Romagna mostra il peso dell’export sull’economia più elevato, corrispondente al 40%, e una concentrazione dell’export sui settori “autoveicoli e moto”, “meccanica” e “sistema moda”. Tali settori soffrono in misura maggiore la contrazione della domanda estera, in particolare da parte di Francia, Germania, Regno Unito e Stati Uniti, grandi Paesi di destinazione per le imprese esportatrici emiliano-romagnole.

Seguono Veneto e Toscana, che subiscono la forte dipendenza sull’export dai settori della meccanica (19,6% e 11,6% rispettivamente) e del sistema moda (16,4%, 32,4% rispettivamente). Significativa, per entrambe le regioni, la domanda, in forte calo, proveniente da Francia, Germania e Stati Uniti.

Il Friuli Venezia Giulia, secondo all’Emilia Romagna per quota di export su Pil (39,7%), ha un indice di vulnerabilità minore in quanto è meno esposto alla variazione della domanda estera di beni italiani. Nonostante la scarsa dipendenza al settore Autoveicoli e moto, il calo della domanda di prodotti della meccanica e metallurgia, settori importanti per l’export del Friuli Venezia Giulia, contribuisce a posizionare la regione al quarto posto tra i territori più vulnerabili.

La Lombardia appare quinta nel nostro indice di vulnerabilità. A esporla maggiormente, il grado di apertura e il forte peso dei settori della meccanica, del sistema moda e intermedi chimici, e della loro variazione di domanda estera. I principali importatori in calo per questi settori sono Germania, Svizzera e Stati Uniti.

 

Grazie a una maggiore diversificazione settoriale, il Piemonte, grande regione esportatrice, soffre meno di altri territori la variazione della domanda mondiale. I tre settori più rilevanti per l’esportazione sono  auto (16%), meccanica (20%) e alimentari e bevande (13%), quest’ultimo subirà una contrazione minore nel 2020.

Da segnalare la forte concentrazione dell’export della regione Lazio nel settore della farmaceutica (pari al 52%), che cala meno di altri settori nel 2020 e che, insieme al suo basso grado di apertura posiziona il Lazio tra le regioni più immuni alla contrazione del commercio internazionale.

Sardegna, Sicilia, Basilicata e Molise sono le regioni più colpite dalla variazione di domanda estera.

L’export di Sardegna e Sicilia è concentrato nei settori estrattivi e di prodotti petroliferi, tra i più in difficoltà nel 2020. In Sardegna il settore dei prodotti petroliferi rappresenta l’82% dell’export totale, in Sicilia il 52%.

Il settore autoveicoli e moto, colpito da una contrazione della domanda mondiale verso l’Italia stimata a più del 20% nel 2020, rappresenta il 78% dell’export per la Basilicata e il 46% per il Molise, aggravando in modo significativo le condizioni economiche delle due regioni (si ricordano gli stabilimenti a Melfi della Fiat e DR automobiles a Isernia).

In generale, le regioni del Sud risultano meno vulnerabili nel nostro indice perché mostrano un basso grado di apertura. Con l’eccezione dell’Abruzzo (24,2%), il contributo dell’export al Pil di una regione meridionale corrisponde in media al 10%. Inoltre, a favorire la Calabria e la Campania, è l’elevato numero di imprese esportatrici del settore Alimentare che rappresentano rispettivamente il 34% e il 24% dell’export.

In Parerga e paralipomena (1851), Arthur Schopenhauer scrive: “Ognuno prende i limiti del suo campo visivo per i confini del mondo”.

Data la necessità dell’export per il sostegno dell’economia italiana, è doveroso prendere in considerazione le criticità scaturite, e realizzare che non c’è altra strada che spingersi al di là del nostro campo visivo per ripensare alla nostra economia, sia in termini strutturali sia in termini di nuovi rapporti economici internazionali.

ontributo a cura della società di consulenza Prometeia