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politica

Chi arriva e chi parte: i flussi migratori spiegati bene

Con i dovuti su e giù, negli ultimi anni emerge una tendenza chiara: diminuisce il numero di immigrati in Italia, aumenta il numero di emigrati dall’Italia verso l’estero. Secondo i dati resi disponibili dall’OCSE nel suo International Migration Database intorno al 2007 contando i nuovi arrivi avremmo trovato un forte picco a oltre mezzo milione di persone, cui ha replicato l’anno successivo con valori inferiori soltanto di poco.

 

Una parte importante del flusso in entrata è dovuta all’ingresso della Romania fra i paesi membri dell’unione europea, periodo a partire da cui un ampio gruppo di rumeni ha lasciato la propria nazione di origine per trasferirsi nel resto del continente.

 

Nell’altro verso, era invece grosso modo dal 2003 che l’emigrazione di italiani all’estero aumentava, ma comunque di misura e restando fra le 50 e le 75mila persone l’anno circa. Il vero balzo in avanti, fra chi è andato via dall’Italia, arriva invece intorno al 2013 – anno a partire da cui prima si supera quota 100mila, e poi oltre 150mila dal 2014 in avanti.

 

Per parte sua l’immigrazione imbocca invece la direzione opposta, e con l’arrivo della crisi economica nel 2008 i numeri non fanno che calare fino a un minimo che non si era visto da almeno dieci anni e intorno alle 250mila persone.

 

Solo nel 2015 e 2016 una lieve risalita, che però ha natura completamente diversa rispetto ai flussi degli anni precedenti, e riflette in buona parte l’arrivo di richiedenti asilo dovuto agli sbarchi.

 

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Allargando lo sguardo alle cinque nazioni più popolose d’Europa, troviamo che dal 2000 al 2016 l’Italia è quella che ha ricevuto il minor numero totale di immigrati, a parte la Francia: prima viene la Germania, seguita da Spagna e Regno Unito.

 

Il nostro è un paese che riceve più di rado flussi da altri paesi sviluppati, e in effetti il singolo gruppo di maggior ampiezza è arrivato dalla Romania. Anche il Marocco risulta, fra gli altri, uno dei principali luoghi di origine di chi poi è venuto a vivere in Italia.

 

Restando sempre in Italia, ma invertendo la direzione dei flussi, la prima destinazione in assoluto degli emigrati italiani è stata la Germania, con a seguire la Spagna. Esiste senz’altro anche un certo numero di connazionali che ha proprio cambiato continente, diretti spesso verso gli Stati Uniti, ma tutto sommato parliamo comunque di numeri minori.

 

Tornando invece ai paesi di origine, per numeri totali spiccano Romania, Polonia e Marocco: tre nazioni che in sedici anni hanno visto andare via un gran numero di persone. I rumeni si sono divisi fra Germania, Spagna e Italia, mentre i polacchi oltre al paese teutonico hanno spesso preferito il Regno Unito.

 

Questi, va ricordato, sono numeri assoluti che però incidono in maniera diversa su nazioni altrettanto diverse: le più popolose come la Germania sono di per sé in grado di ospitare un numero maggiore di immigrati. Anche tenendo in conto questo, però, il peso dell’immigrazione italiana resta nel complesso minore.

 

 

Una difficoltà nel mettere in fila questi numeri è che essi non sempre riflettono i movimenti reali, quanto la percezione “burocratica” che lo stato ha delle persone che si muovono. Anche di questi tempi sarebbe un po’ difficile e forse non proprio popolarissimo far portare a tutti un GPS che dice di continuo alle autorità dove vanno. Per creare questi dati allora tocca ricorrere all’anagrafe, che in Italia come altrove tiene traccia di chi arriva e di chi va via.

 

Ma così, s’intende, la coincidenza fra numeri che vediamo e quelli reali ha sempre un po’ di scarto: per esempio molti di quelli che emigrano non lo comunicano immediatamente all’anagrafe italiana, e così formalmente risultano ancora vivere nel nostro paese. Il caso contrario invece tende a essere più preciso, perché chi si trasferisce in Italia ha quasi sempre bisogno di comunicarlo a chi di dovere per potere avere accesso ufficiale a tutta una serie di documenti e servizi – non fosse altro che per avere un lavoro formale.

 

Una parte a volte rilevante dei flussi in ingresso storici, per esempio, è dovuta non per forza a nuovi arrivi ma alla regolarizzazione di persone che a tutti gli effetti vivevano già in Italia ma erano invisibili a chi cerca di misurarli per capire quanti sono.

 

Nel caso di chi emigra, dunque, è del tutto probabile che i numeri reali siano più elevati, e per chi arriva bisogna invece ricordare che esiste pur sempre una parte di immigrazione non regolare.