Indica un intervallo di date:
  • Dal Al
politica

Politica e dati: alle elezioni Usa sarà sfida Sanders-Trump. Se ha ragione Nietzsche…

Il senatore del Vermont contro il tycoon che sta facendo letteralmente impazzire l’estabilishment repubblicano. Sarà questa, a novembre, la sfida per la conquista della Casa Bianca. Certo, sempre che abbia ragione Nietzsche.
 
Ma cosa c’entra il filosofo dell’eterno ritorno dell’uguale, non certo un amante della democrazia, con  le elezioni americane? Beh, se davvero questo uguale ritorna in eterno, allora guardare a come sono andate le primarie negli ultimi sessant’anni può aiutare a capire come andranno quelle del 2016.
 
Intanto, non è stato sempre questo il meccanismo per arrivare a definire i candidati dei due schieramenti. È solo dalla metà degli anni Settanta che le primarie si sono svolte in ogni Stato. I risultati delle consultazioni dalla metà degli anni Cinquanta in poi, però, qualche indicazione la forniscono.
 
A cominciare da ciò che succede in casa democratica. In tutte e 10 le occasioni in cui gli elettori del Kansas sono stati chiamati a scegliere il candidato dem, ci hanno sempre preso. Ovvero hanno sempre votato per quello che poi avrebbe ottenuto la nomination. E lo scorso 5 marzo la vittoria ha sorriso a Bernie Sanders. È vero, Hillary Clinton ha trionfato in Missouri, Virginia e Georgia, dove nove volte su dieci la scelta è caduta sul candidato alla presidenza. Ma sono gli elettori del Kansas quelli che non sbagliano mai.

 
E in casa repubblicana? Qui la situazione è più complessa. Intanto, sono otto gli Stati in cui gli elettori delle primarie “azzeccano” il candidato. Finora si è già votato in North Carolina e Virginia, dove ha vinto Donald Trump, in Idaho e Texas, dove ha trionfato Ted Cruz. Mancano all’appello Oregon, New Mexico, Nebraska e Indiana, dove però non si voterà prima di maggio. A far pendere l’ago della bilancia verso il tycoon è l’Illinois, dove nel 93,33% dei casi il vincitore delle primarie ha poi ottenuto la nomination.
Ovviamente, non si tratta di una previsione scientifica. Di quelle, per intenderci, che hanno reso celebre Nate Silver. Mica per niente è stato scomodato un filosofo. Ma anche in questo caso, è la storia che insegna: nel 1968, ad esempio, ad ottenere la nomination democratica fu Hubert Humphrey, all’epoca vicepresidente degli Stati Uniti che scese in lizza dopo il ritiro del presidente Lyndon Johnson. Nonostante non avesse partecipato alle primarie, che si svolsero in appena 13 dei 51 Stati dell’unione, venne scelto dai delegati alla convention che si svolse a Chicago. Dall’altra parte, i Repubblicani schierarono Nixon, vincitore delle primarie in 9 Stati su 13. E futuro presidente degli Stati Uniti d’America.