Negli ultimi cinque anni, dal periodo pre-pandemico a oggi, il sistema dei servizi educativi per la prima infanzia in Italia ha registrato una crescita lenta e insufficiente. Secondo l’ultimo rapporto sui servizi educativi curato da Istat insieme al Centro Governance & Social Innovation dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, il numero complessivo di strutture – tra asili nido e sezioni primavera – è aumentato solo dell’1,4%, mentre i posti disponibili sono cresciuti del 4,5%. Ma la domanda, nel frattempo, ha corso più velocemente.
Nell’anno scolastico 2023/2024, le famiglie italiane hanno continuato a chiedere servizi per i più piccoli, con un’intensificazione che smentisce le previsioni di un possibile calo dell’utenza dovuto alla diminuzione delle nascite. Al contrario: le strutture si trovano sotto pressione crescente, e la capacità ricettiva non tiene il passo. Lo dimostra il dato chiave sulle liste d’attesa: il 60% dei servizi educativi non è riuscito ad accogliere tutte le richieste di iscrizione. È una percentuale in aumento rispetto al già preoccupante 56,3% dell’anno precedente.
Nel dettaglio, solo il 31,6% dei servizi ha escluso meno del 10% delle richieste. Il 45,3% ha dovuto respingere tra il 10% e il 25% delle domande, mentre il 17,8% non ha potuto accogliere tra il 25% e il 50% dei potenziali utenti. Ancora più critico il dato relativo al 5,1% delle strutture, che ha lasciato fuori oltre la metà delle famiglie richiedenti. Si segnalano infine situazioni di risposta solo parziale nello 0,2% dei casi. Numeri che, nel loro insieme, descrivono una domanda crescente e un’offerta che arranca.
Il problema è particolarmente evidente nel settore pubblico: quasi il 70% dei servizi comunali ha segnalato la presenza di bambini in lista d’attesa per mancanza di posti. Si conferma così un divario strutturale tra bisogni delle famiglie e disponibilità effettiva, che attraversa tutto il Paese ma si accentua in alcune aree.
Copertura disomogenea: Nord e Centro meglio del Sud
A livello territoriale, la copertura dei servizi educativi per i bambini da 0 a 2 anni mostra forti disuguaglianze. La media nazionale si attesta poco sopra il 30%, ma con ampie differenze: il Centro Italia è l’area più servita, con una quota di iscritti pari al 39,4%, seguita dal Nord con il 35,3%. Il Mezzogiorno, invece, si ferma al 20,2%, un dato che riflette una carenza storica di offerta.
Alcune regioni del Sud presentano livelli di copertura particolarmente bassi: in Campania la percentuale di bambini iscritti ai servizi educativi è del 13,2%, in Sicilia del 13,9% e in Calabria del 15,7%. Sono numeri ben lontani dal traguardo fissato a livello nazionale: il Livello Essenziale delle Prestazioni (LEP), stabilito per legge, prevede almeno 33 posti ogni 100 bambini entro il 2027, e 45 entro il 2030.
Se il Centro e il Nord si stanno progressivamente avvicinando a questi obiettivi – la copertura complessiva è rispettivamente del 38,8% e del 36,1% – il Mezzogiorno resta indietro, con una dotazione complessiva che copre appena il 17,4% dei residenti sotto i 3 anni.
Poca l’offerta pubblica
Le differenze territoriali non riguardano solo la quantità dei posti, ma anche chi li gestisce. Nel Mezzogiorno, solo il 41,1% dei posti disponibili si trova in strutture pubbliche. E tra queste, meno della metà – appena il 39,2% – è gestita direttamente dai Comuni. Il restante 60,8% è affidato a soggetti privati, attraverso esternalizzazioni o convenzioni.
Al Centro e al Nord la situazione è diversa. I servizi a titolarità comunale rappresentano rispettivamente il 48,5% e il 51,5% del totale, con una gestione diretta da parte dei Comuni decisamente più frequente: il 44,7% al Centro e il 51,3% al Nord.
Anche la collaborazione tra pubblico e privato attraverso convenzioni risulta meno diffusa al Sud. Nel Mezzogiorno solo il 37,3% dei servizi privati ha un rapporto di convenzionamento con i Comuni, contro il 48,1% del Centro e il 44,8% del Nord. Si conferma così una minore capacità degli enti locali meridionali di presidiare e governare l’offerta, sia direttamente che attraverso accordi con soggetti privati.
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