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Completare gli studi fa bene alla salute come mangiare sano o non fumare


(A) La relazione tra istruzione e rischio di mortalità per tutte le cause degli adulti nell’intero intervallo compreso tra 0 e 18 anni di istruzione per fascia di età. (B) La distribuzione dei dati di input tra gruppi di età. I dati vengono sovrapposti con una dimensione media dell’effetto sintetizzata. Ln=logaritmo naturale. RR=rischio relativo.

In media, un adulto con 6 anni di istruzione (all’incirca un livello di scuola primaria nella maggior parte delle aree del mondo) mostra il 13,1% del rischio di mortalità in meno rispetto a chi non ha mai ricevuto alcuna istruzione. Dopo 12 anni di istruzione, (quasi alla fine delle scuole superiori) il rischio di mortalità è più basso del 24,5% e dopo 18 anni di scuola (alla laurea) addirittura del 34,3%. Altrimenti detto: una riduzione media del rischio di mortalità dell’2% per anno di istruzione.

A) La relazione tra istruzione e rischio di mortalità degli adulti per tutte le cause nell’intero intervallo da 0 a 18 anni di istruzione, sovrapposta ai dati di input del livello di esposizione all’istruzione e alla dimensione dell’effetto. (B) La distribuzione delle dimensioni degli effetti dei dati di input nelle superregioni. Ln(RR) normalizzato può essere interpretato come la pendenza istantanea della curva RR implicita in ciascuno studio. I dati sono sovrapposti con una dimensione media dell’effetto sintetizzata (mostrata in nero). Ln=logaritmo naturale. RR=rischio relativo.

All’aumentare dei livelli di istruzione aumenta anche lo stato di salute complessivo – almeno in media – e come conseguenza, a parità di luogo in cui si abita, si vive più a lungo. Ormai la letteratura scientifica ha evidenziato a più riprese che l’istruzione è uno dei fattori di rischio per la salute al pari di altri – cattiva nutrizione, fumo, sedentarietà – ma quantificare la correlazione non è così semplice. Questa revisione sistematica pubblicata su The Lancet di tutta la letteratura pubblicata sul tema dal 1980 a oggi presenta un riassunto completo della relazione dose-risposta tra istruzione e mortalità per tutte le cause negli adulti.
Va detto che siamo ancora figli di un bias molto forte: la maggior parte degli studi identificati in questa revisione provenivano da contesti ad alto reddito. È evidente in particolare la scarsità di studi provenienti dall’Africa sub-sahariana e dal Nord Africa.

Questa analisi ha inoltre permesso di confrontare gli effetti dell’istruzione sul rischio di mortalità con quelli di altri determinanti sociali ad alto impatto della salute e dei fattori di rischio comportamentali. Si diceva che dopo 18 anni di scuola (quindi circa alla laurea) il rischio di mortalità per tutte le cause era del 34,3%.rispetto a chi non aveva ricevuto più di 6 anni di istruzione. Chi mangia molta verdura e ha una dieta in linea con le linee guida OMS, presenta un rischio di cardiomiopatia ischemica più basso del 34% rispetto a chi segue una dieta non sana. Le persone che fanno attività fisica hanno un rischio di sviluppare cardiomiopatia ischemica del 34% più basso rispetto agli individui sedentari..Un gap dello stesso ordine di grandezza che si riscontra per incidenza emortalità per cancro al polmone fra fumatori e non o a quello della mortalità per tutte le cause per un forte bevitore di alcol rispetto a un bevitore occasionale.

“Questi confronti suggeriscono che i benefici di maggiori investimenti nell’istruzione sulla futura salute della popolazione sono paragonabili alle minacce per la salute pubblica più comunemente discusse – si legge – sottolineando l’importanza cruciale di un maggiore ed equo livello di istruzione come un obiettivo di salute globale”

Ma come influisce lo studio sulla salute? Chiaramente, gli effetti dell’istruzione sul rischio di mortalità sono mediati dai comportamenti sanitari. Ad esempio, un livello di istruzione inferiore è correlato a tassi più elevati di malattie cardiovascolari e di mortalità per cancro. Un’istruzione superiore facilita l’accesso a una migliore occupazione, a guadagni più elevati, a un’assistenza sanitaria di qualità e a una maggiore conoscenza sanitaria.Inoltre, gli individui con un livello di istruzione più elevato tendono a sviluppare un insieme più ampio di risorse sociali e psicologiche che determinano la salute e la durata della loro vita.

La protezione perdura anche da anziani

La disaggregazione per gruppi di età indica che l’effetto protettivo dell’istruzione è significativo in tutte la fasce di età, ma maggiore fra i più giovani. Gli individui di età compresa tra 18 e 49 anni hanno avuto una riduzione della mortalità del 2,9% per anno di scuola rispetto a una riduzione dello 0,8% per anno di scolarizzazione negli adulti di età superiore a 70 anni. Quando un individuo raggiunge l’età avanzata, la disposizione genetica, le abitudini quotidiane, la dieta o altri predittori socioeconomici di mortalità sembrano avere un’influenza maggiore sul rischio di mortalità rispetto al livello di istruzione raggiunto.
L’aspetto interessante è che comunque l’effetto protettivo dello studio continua anche da anziani, anche dopo i 70 anni. È noto anche che le persone che hanno più studiato nella vita in media tendono a sviluppare meno disturbi cognitivi e demenze. La riserva cognitiva è la capacità di una persona di recuperare le abilità perse a seguito di un danno cerebrale di qualsiasi tipo esso sia. La letteratura scientifica negli anni ha concluso che le persone che mantengono il cervello più “allenato” nel corso della propria vita, sin da giovani, hanno una maggior riserva cognitiva: la loro mente è più pronta a sopperire dal danno. Un’alta scolarità protegge di più di una bassa scolarità.

Riguardo al sesso, dall’analisi sembra che l’effetto protettivo dell’istruzione non differisca significativamente tra i sessi, ma i ricercatori precisano che questo aspetto richiede ulteriori indagini. Studi precedenti, in particolare condotti nei paesi ad alto reddito, hanno riportato differenze tra i sessi nell’effetto protettivo dell’istruzione. È stato dimostrato che l’istruzione per le donne ha un effetto intergenerazionale più forte rispetto all’istruzione per gli uomini.

Il 20% dei ragazzi oggi non finisce le superiori

Eppure, sommando il numero di studenti dispersi – espliciti ed impliciti – oggi in Italia la dispersione scolastica riguarda un ragazzo su cinque. Se pensiamo a una scuola media con 5 sezioni di 18 alunni per ciascuna classe. Di questi 90 ragazzi, uno rimarrà indietro, perché non andrà alle scuole superiori. Se consideriamo il Meridione, non andrà alle superiori un ragazzino su 66, come a dire uno ogni 3 classi. Sono i dati del Ministero dell’Istruzione e del Merito (MIM) relativi al passaggio d’anno 2019-2020. Si tratta dell’1,14%, che diventa 1,24% se consideriamo solo gli alunni maschi e dell’1,50% nelle regioni del Sud. La Sicilia è la regione con il tasso di dispersione scolastica più alto d’Italia per quanto riguarda gli alunni delle scuole secondarie di I grado, mentre per quanto riguarda la secondaria di II grado, i tassi di abbandono sono superiori al 5% in Sardegna e tra il 4 e il 5% in Sicilia e Campania. Sono dati presentati dal Garante Infanzia in una relazione datata giugno 2022 che fa il punto della situazione.