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economia

In pochi mesi abbiamo messo più minorenni in carcere. Ma che cosa stiamo risolvendo?

Due dati ci dicono chiaramente quale sia l’approccio del nostro governo alla criminalità giovanile: da quando è entrato in vigore il decreto Caivano a settembre 2023 ci sono più minori nelle carceri, anche se il numero di reati è il medesimo dell’anno precedente, e più ragazzi appena maggiorenni stanno “scontando” la misura cautelare nelle carceri per adulti. La crescita delle presenze negli ultimi 12 mesi è fatta quasi interamente di ragazze e ragazzi in misura cautelare. Le misure cautelari personali consistono in limitazioni della libertà personale; sono disposte da un giudice nella fase delle indagini preliminari o nella fase processuale.

Erano 10 anni che non si raggiungeva quota 500 minori detenuti nei 17 Istituti penali per minorenni italiani. Gli ingressi sono in netto aumento: erano stati 835 nel 2021, saltiti a 1.143 nel 2023, la cifra più alta degli ultimi quindici anni. I ragazzi presenti negli IPM, gli Istituti Penali per i Minorenni in misura cautelare erano 340 nel gennaio 2024, contro i 243 del gennaio 2023. Sono i numeri di “Prospettive minori”, il VII Rapporto di Antigone sulla giustizia minorile, pubblicato a metà febbraio 2024.

I primi risultati del Decreto Caivano

Che cosa è accaduto? I ragazzi improvvisamente si sono messi a delinquere di più? Sono arrivate onde di migranti a deliquere nel nostro belpaese? No. La criminalità minorile è più o meno stabile. I dati forniti dall’Istat e dal Ministero dell’Interno relativi ai minorenni arrestati e/o indagati nel periodo 2010–2022, mostrano un picco nel 2015 seguito da un costante decremento.
È successo che a settembre 2023 è entrato in vigore il Decreto Caivano, con lo scopo di introdurre “misure urgenti di contrasto al disagio giovanile, alla povertà educativa e alla criminalità minorile.”
Di particolare rilievo sono le novità in materia di misure cautelari per minori, DASPO urbano, foglio di via, misure di contrasto alle ‘baby gang’, ammonimento, misure sul processo penale a carico di imputati minorenni e istituti penali per minorenni. Il decreto Caivano ha esteso l’applicazione della custodia cautelare in carcere e ha previsto di disporre la custodia cautelare anche per i fatti di lieve entità legati alle sostanze stupefacenti. Da qui la notevole crescita degli ingressi in IPM per reati legati alle droghe, con un aumento del 37,4% in un solo anno. Aumenti dei numeri che non trovano riscontro nell’aumento dei reati.

In altre parole: raddrizzarli da giovani, far capire subito come funziona la legge e quanto costa aver sbagliato. Un approccio in contrasto con il nuovo codice di procedura penale entrato in vigore nel 1988, fondato sull’interesse superiore del minore. Interesse superiore del minore significa che in ogni legge, provvedimento, iniziativa pubblica o privata e in ogni situazione problematica, l’interesse del bambino/adolescente deve avere una considerazione preminente.

Il Decreto Caivano affronta un problema serio, quello della delinquenza giovanile. Uno studio dal titolo “Le gang giovanili in Italia”, pubblicato a ottobre 2022 ha mostrato che le gang giovanili rilevate sono principalmente composte da meno di 10 individui, in prevalenza maschi e con un’età compresa fra i 15 e i 17 anni. Nella maggior parte dei casi i membri sono italiani e in molti casi non si tratta di ragazzini svantaggiati. I crimini più spesso attribuiti alle gang giovanili sono reati violenti (come risse, percosse e lesioni), atti di bullismo, disturbo della quiete pubblica e atti vandalici. In realtà però sono meno frequenti e di solito commessi da gruppi più strutturati sono lo spaccio di stupefacenti o furti.

Dare un’opportunità con la messa alla prova funziona

Alla fine del 2023, il 18,8% dei giovani si trovava in messa alla prova, un istituto usato sempre di più negli ultimi 30 anni e che porta a un’alta percentuale di buon risultato. Tra il 1992 e il 2023 le concessioni di messa alla prova sono passate da 788 a 6.592, anche se solo il 20% del totale – hanno riguardato ragazzi e ragazze stranieri, che pure sono poco più della metà dei ragazzi. Oggi la percentuale di esiti positivi si attestava intorno all’85%, in linea con gli anni passati. “Nella maggior parte dei casi, i giovani che ricevono fiducia e supporto tramite percorsi strutturati siano poi in grado di restituire questa fiducia, superando con successo la prova a cui sono sottoposti” scrivono gli esperti di Antigone.

“Invece di intervenire sui servizi per la tossicodipendenza e sull’educazione nelle scuole si va a inasprire una figura di reato che porterà a maggiori arresti di minori che consumano sostanze psicotrope anche leggere e sono spesso coinvolti solo occasionalmente con lo spaccio” scrivono gli esperti di Antigone nel rapporto. “L’introduzione del “percorso di rieducazione del minore” stravolge l’idea di valutazione individuale volta al superiore interesse del minore propria della giustizia minorile. La sua proposizione è infatti obbligatoria nei casi previsti e il rifiuto da parte del giovane o la mancata riuscita del percorso va a determinare l’impossibilità di accesso alla messa alla prova. A differenza di quest’ultima, tuttavia, il percorso di rieducazione prevede obbligatoriamente che il giovane svolga lavori socialmente utili o altre attività a titolo gratuito, impedendo così la valutazione caso per caso del magistrato rispetto a come sia meglio per lui o per lei impiegare il proprio tempo.

Meno opportunità= più recidive

“Il problema è che con il decreto Caivano, che ha fortemente ampliato la possibilità di trasferire i ragazzi maggiorenni, che sono in IPM in quanto avevano compiuto il reato compiuto da minorenni, nelle carceri per adulti si assiste a una ulteriore torsione del sistema” spiega Alessio Scandurra, coordinatore dell’osservatorio di Antigone sulle carceri per adulti. Un sistema adulti che nei primi quarantacinque giorni del 2024 ha già contato 20 suicidi. Ricordiamo che negli IPM possono esserci anche i ragazzi tra i 18 e i 25 anni che hanno commesso il reato da minorenni e hanno raggiunto la maggiore età successivamente.
“Queste persone devono confrontarsi con tipo di detenzione più dura, limitata, in luoghi dove i loro bisogni, anche a fronte del grande sovraffollamento e quindi della scarsità di opportunità di studio, lavoro e ricreative, non vengono tenuti nel giusto peso, lasciandoli invece in un sistema che, ad oggi, produce criminalità a causa di tassi di recidiva molto alti. Capita allora che il ragazzo entri in carcere con l’accusa di un singolo reato e ne collezioni molti altri (oltraggio e resistenza a pubblico uciale, danneggiamento, rissa, rivolta), in un circolo vizioso che se non verrà interrotto dall’ascolto e dal sostegno porterà solamente a incancrenire le situazioni e far perdere ogni speranza a questi giovani. Vengono trasferiti di continuo da IPM ad IPM, rendendo impossibile una loro adeguata presa in carico.”.

 

Per approfondire. 

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