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cronaca

I bambini e i ragazzi stranieri vanno male a scuola. Ecco perché le piattaformi digitali possono aiutare

I risultati della rilevazione UNICEF-Akelius sui benefici dell’utilizzo di una piattaforma digitale

11 bambini e ragazzi su 100 iscritti nelle scuole in Italia nel 2022 non hanno la cittadinanza italiana: quasi 800 mila persone. La maggior parte di questi studenti si trova nelle regioni del nord. In Lombardia in particolare un bambino su quattro che frequenta la scuola ha la cittadinanza straniera.

Dal 2014 al 2020 sono arrivati in Italia più di 700 mila richiedenti asilo e migranti, e quasi tutti necessitano di supporto nell’apprendimento della lingua italiana, a vari livelli. Dall’inizio della guerra in Ucraina fino a novembre 2022, sono arrivati nel nostro paese circa 49,400 minori rifugiati, che sono stati inseriti negli istituti scolastici.

I dati raccolti negli ultimi anni mostrano chiaramente non solo che i bambini e i ragazzi stranieri vanno peggio a scuola – pricipalmente in relazione a un problema di comprensione linguistica – ma che presentano tassi molto più alti di abbandono scolastico.

In questi giorni UNICEF ha presentato i risultati del primo anno di implementazione della piattaforma digitale Akelius in Italia per il supporto digitale ai bambini con cittadinanza straniera, nella comprensione dell’italiano e dell’inglese. Risultato: i bambini stranieri delle classi che hanno potuto lavorare anche con il supporto di questa piattaforma hanno mostrato risultati migliori, sia che siano nati in Italia pur vivendo in famiglie che non parlano l’italiano a casa, sia che siano arrivati nel 2019, nel 2020, nel 2021 o nel 2022, come nel caso dei bambini ucraini.
Gli studenti che hanno utilizzato la piattaforma digitale Akelius hanno compiuto progressi di oltre un livello (+1,3) durante il corso, rispetto agli studenti che non l’hanno utilizzata, sia nella lettura che nell’ascolto, anche tenendo conto del livello iniziale di italiano degli studenti. L’approccio della piattaforma prevede di integrare l’uso di tablet con una serie di esercizi pensati per l’apprendimento della lingua, e contenuti interattivi in combinazione con i materiali di lezione in aula.

La sperimentazione di Akelius nel biennio 2021/2022 che è stata oggetto del rapporto ha coinvolto oltre 400 studenti in otto classi di due istituti comprensivi di Roma e Bologna (3 scuole d’infanzia, 4 scuole primarie e una scuola secondaria di primo grado) in partenariato con la cooperativa sociale Agire Insieme Per l’Intercultura (AIPI). Oltre alle scuole monitorate per la redazione del rapporto, dal 2021 a ottobre 2023 l’utilizzo della piattaforma ha coinvolto ben 60 scuole italiane e associazioni ucraine, per un totale di 1000 alunni appena arrivati in Italia.

Quanti stranieri abbandonano la scuola

L’ultima rilevazione disponibile del Ministero dell’Istruzione e del Merito del 2021) segnala che la percentuale di abbandono complessivo, per la scuola secondaria di I grado, è stata dello 0,64% (che significa 10.938 alunni “persi”), mentre per la scuola secondaria di II grado questo dato ammonta al 3,79% (cioè 98.787 alunni persi). In totale, dunque, sono circa 110.000 gli alunni che abbandonano annualmente la scuola italiana. Gli alunni stranieri abbandonano la scuola, sia media sia superiore, tre volte di più degli italiani. Il tasso di abbandono scolastico nel 2020 fra gli stranieri è stato del 35,4% contro l’11% degli itliani. Un’analisi completa comprendente i dati più recenti è stata condotta dal Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza e pubblicata nel giugno 2022. Gli studenti nati all’estero si trovano in maggiore difficoltà, con un’incidenza del 4,1% sul totale contro l’1,8% dei nati in Italia. Meno difficile appare invece la realtà degli alunni di seconda generazione che in generale parlano correntemente l’italiano, in quanto nascono già immersi nella cultura nazionale, oltre che in quella familiare di provenienza.
Inoltre nelle famiglie straniere con elevato livello di istruzione è oltre tre volte inferiore rispetto alle famiglie straniere con bassi livelli di istruzione (dieci volte inferiore è invece la differenza di incidenza nelle famiglie italiane).
L’incidenza degli ELET tra gli stranieri varia molto a seconda dell’età all’arrivo in Italia. Chi era arrivato prima dei 9 anni di età era portato ad abbandonare la scuola molto di meno di chi era arrivato più adulto. Abbandonano la scuola 20 ragazzi su 100 arrivati prima dei 9 anni, 30 su 100 giunti fra i 10 e i 15 anni e addirittura 60 su 100 arrivati quasi alla fine del percorso, dopo i 16 anni.

Infine – precisa il Garante – ci sono i minori stranieri non accompagnati (MSNA), che in Italia risultano attualmente concentrati, per lo più, sono nella fascia 15 – 17 anni, e per i quali al momento, non esiste un piano di inserimento su misura. Molti di essi sono iscritti infatti nei CPIA dove frequentano la scuola secondaria di primo grado con un percorso abbreviato e in compagnia di studenti più adulti.

Gli stranieri vanno peggio a scuola. I dati INVALSI

Che i ragazzi stranieri possano avere grandi potenzialità ma che paghino lo svantaggio linguisico lo mostra anche il rapporto Invalsi 2021 ha raccolto e pubblicato per la prima volta i dati sui risultati delle prove di italiano, matematica e inglese anche a seconda della cittadinanza dei ragazzi: fra gli studenti nativi, cioè nati in Italia o all’estero con almeno un genitore nato in Italia, gli studenti di prima generazione cioè nati, come i genitori, all’estero, e gli studenti di seconda generazione, nati cioè in Italia da genitori entrambi stranieri. Sia in Italiano sia in Matematica gli studenti nativi ottengono punteggi decisamente più alti rispetto a quelli di prima e di seconda generazione. In inglese le cose vanno diversamente. Se nel reading le differenze tra i tre gruppi sono quasi nulle, soprattutto tra i nativi e gli studenti di seconda generazione, nel listening gli stranieri vanno addirittura meglio, con punteggi medi più alti rispetto agli studenti italiani.

 

È chiaro che non basta avere un pc. Gli autori del rapporto di UNICEF hanno evidenziato alcune raccomandazioni importanti per gli insegnanti e le scuole. In primo luogo, è fondamentale stabilire protocolli chiari per la gestione dei dispositivi digitali, con regole ben definite e responsabilità specifiche. Inoltre, i docenti possono pianificare le loro lezioni considerando sia come i contenuti di apprendimento digitale possano arricchire l’insegnamento, sia come i dispositivi digitali verranno utilizzati in classe. Infine, la formazione degli insegnanti sull’apprendimento digitale dovrebbe essere pratica e concentrarsi non solo sulle abilità digitali di base, ma anche su come integrare in modo efficace l’uso della tecnologia educativa all’interno dell’ambiente scolastico.

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