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Le Privacy Enhancing Technologies e la sfida della condivisione sicura dei dati anonimizzati

Partiamo da un numero: la condivisione sicura dei dati potrebbe sbloccare a livello globale quasi 3 trilioni di dollari di Pil annuale nei prossimi 20 anni. Lo scrive McKinsey, avvertendo però che la riservatezza del dato sta in qualche modo frenando le ricadute dell’uso dei Big data. Pensiamo ai dati clinici sui malati di Covid-19, alle informazioni finanziarie in possesso delle aziende, alla scuola e quindi alle informazioni sugli studenti. Se tutte queste informazione fossero rese anonime in modo sicuro in modo da non violare la privacy del cittadino o i segreti industriali di una azienda potrebbero essere analizzati come un bene pubblico e generare nuovi saperi a beneficio di tutta la comunità.
Queste informazioni non vengono condivise perché non c’è ancora una tecnologia affidabile in grado mantenere i dati anonimi e proteggerli dalla violazione da parte di cybercriminali. Se le aziende potessero essere certe che rimarrebbe segreto, potrebbero essere più disposte a renderlo disponibile allo Stato o all’università. Eppure, solo l’1% dei dati mondiali sia attualmente utilizzato per scopi di analisi e collaborazione. Le Nazioni Unite insieme agli Istituti di statistica nazionali (tra cui Istat) stanno testando una tecnologia per condividere e analizzare i dati senza rivelare informazioni personali. L’articolo integrale su 24+