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tecnologia

Hanno senso gli Nft nei videogiochi? #PlayThinkTalk

Gli Nft (Non fungible token) nei videogiochi per ora sollevano più critiche che profitti. Con effetti fuori controllo tipici delle bolle finanziaria. Qualche esempio: il prezzo delle azioni del publisher giapponese Square Enix è salito dell’8% dopo le dichiarazioni di apertura del ceo Yosuke Matsuda su Nft, blockchain e metaverso.  GameStop, la catena di negozi che vendono videogiochi su supporto fisico (e che quindi non se la sta passando benissimo), ha colto al balzo l’occasione e si è lanciata nel mondo dei non fungible token con l’intenzione di costruire un marketplace digitale in cui gli utenti possono comprarli, venderli e scambiarli. Insomma, l’atmosfera è quella da corsa all’oro californiano ma la verità è che nessuno ci ha capito ancora molto. Non c’è uno standard e neppure un modello di business condiviso tuttavia tutti si dicono pronti a vendere Nft. Un classico dell’economia delle piattaforme digitali. Ne parliamo con Andrea Pontiggia (Università Ca’ Foscari Venezia e Bocconi) per provare (anche noi) a fare un po’ chiarezza. Partendo dalla differenza tra i metaversi, i giochi su blockchain e gli Nft dei grandi produttori di videogiochi. Non sono la stessa cose. Proviamo a spiegarlo bene.  Siete su PlayThinkTalk

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