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cronaca

Covid-19: come capire se la seconda ondata è vicina

La principale ragione addotta da chi non ha apprezzato la recente ordinanza del Governo Conte sulla chiusura delle discoteche e sull’obbligo della mascherina dopo le 18 in qualsiasi luogo all’aperto, è che non abbiamo lo stesso numero di ricoveri di marzo. Vero: ma l’obiettivo di un sistema di governo è proprio imparare dalla propria esperienza evitando di ritrovarsi nella medesima situazione che ci ha portato al lockdown e i sistemi sanitari sul filo di lama.

Il punto è il contact tracing!

Se c’è una cosa che dovremmo aver capito a sei mesi dallo scoppio della pandemia in Italia è che per valutare il rischio attuale dobbiamo guardare non il numero assoluto di casi, ma altri indicatori, in primis il rapporto fra numero di casi in particolare gravi (ospedalizzati e ricoverati in terapia intensiva) e persone in isolamento domiciliare: se ci sono tanti ricoveri, o un trend di crescita importante, ma poche persone in isolamento significa che probabilmente il tracciamento non sta funzionando bene.

A marzo anche noi di Infodata avevamo osservato per esempio il caso allarmante del Piemonte, che aveva una percentuale di ospedalizzati molto alta rispetto al numero di persone isolate a domicilio, a differenza di Veneto ed Emilia Romagna (lasciamo da parte la Lombardia che fa caso a sé). E infatti dopo pochi giorni il numero di casi in Piemonte è cresciuto esponenzialmente, proprio perché il basso numero di persone in quarantena preventiva rispecchiava l’assenza di contact tracing efficace.

Il nostro focus deve sempre essere il contact tracing, che probabilmente non è gestito allo stesso modo in tutte le regioni.
E non stiamo parlando di Immuni, tentativo non brillantemente riuscito (è stata scaricata da 4,3 milioni di italiani, il 12 per cento dei possessori di smartphone tra i 14 e i 75 anni). Stiamo parlando delle procedure di intervista dei nuovi casi per individuare persone a rischio e isolarle, prima ancora o addirittura senza poi, fare il tampone. Poi c’è il famoso “test test test!”.

Un nuovo caso su tre fra quelli intercettati dal 27 luglio al 9 agosto è stato trovato con il contact tracing; un altro terzo dei casi è stato rilevato perché sintomatico e un altro terzo è stato individuato grazie ad attività di screening (test sierologici, tamponi).
Questi dati, come quelli che seguono, sono disponibili in un rapporto dell’ISS scaricabile qui.
Vi consigliamo di dare un’occhiata anche all’appendice con i dettagli regionali e comunali 

Tutti i giovani che si sono ammalati e che sono morti

Dall’inizio della pandemia a oggi abbiamo avuto 37.077 casi di COVID19 in persone di meno di 40 anni, con 87 decessi in questa fascia di età. Si sono contagiati 2784 bambini e bambine al di sotto dei 10 anni, 4 dei quali sono morti; 4964 ragazzi dai 10 ai 19 anni (nessuno deceduto); 8486 ragazzi dai 20 ai 29 anni (16 di essi sono morti) e 20843 giovani dai 30 ai 39 anni, con 67 morti.

A differenza dell’inizio della pandemia, nelle ultime settimane l’età media dei neo contagiati è scesa enormemente. Solo il 29% dei nuovi casi nelle ultime due settimane ha un’età superiore a 50 anni: il 14% sono ragazzi minorenni, il 56,8% persone dai 19 ai 50 anni.
L’età mediana ora è 35 anni, contro i 60 dei primi due mesi dell’epidemia.

Come riporta un ottimo articolo apparso recentemente su Nature , ricordiamoci che stiamo iniziando adesso a osservare gli effetti della malattia fra chi l’ha “superata”. La pericolosità del COVID non va misurata solo in termini di vita-morte. Ricordiamoci anche che gli effetti definitivi sulla salute polmonare di un soggiorno in terapia intensiva per COVID, a causa delle procedure per mantenere in vita i pazienti, sono incancellabili, a tutte le età, e devono essere considerate ancora di più ora che l’età media dei pazienti si sta drasticamente abbassando.

Abbiamo lo stesso numero di ricoveri del 2 marzo, e nuovi casi in crescita

Il 15 agosto abbiamo 56 persone in terapia intensiva per via del COVID19, esattamente lo stesso numero del 27 febbraio, e 787 ricoverati, lo stesso numero del 2 marzo 2020. Ma la cosa più importante è che nelle ultime settimane dopo mesi di calo, i nuovi casi, gravi e non, hanno ripreso a salire, specie al sud, dove la capacità dei sistemi sanitari, sia in termini di posti letto che di risorse è minore di quella del nord. Sei mesi fa dopo dieci giorni entrammo tra lo sgomento di tutti in lockdown.
Complessivamente il quadro generale della trasmissione e dell’impatto dell’infezione da SARS-CoV-2 in Italia, sebbene non critico – si legge – continua a mostrare segnali che richiedono attenzione: l’incidenza cumulativa negli ultimi 14 gg (periodo 27/7-9/8) è stata di 7.29 per 100 000 abitanti, in aumento dal periodo 6/7-19/7 e simile ai livelli osservati nelle prime due settimane di giugno.

Il peso delle vacanze all’estero

Nelle ultime due settimane per le quali abbiamo i dati (27 luglio-9 agosto 2020), si sono registrati 820 casi in cittadini italiani di ritorno da un viaggio all’estero, in particolare da paesi ad alta crescita di infezioni. Nel complesso sul totale dei nuovi casi settimanali, la maggior parte dei casi (615) ha contratto la malattia in un’altra nazione (30,9%), 467 casi si sono contagiati in ambito familiare, 152 casi (7,6%) in residenze sanitarie assistenziali o in comunità per disabili. Occorre tenere conto – precisa ISS – che il dato è disponibile solo per una piccola parte dei casi segnalati.

Ci teniamo a precisare un altro dato, che si può monitorare sul sito dell’OMS: il motivo per cui bisogna prestare particolare attenzione se si soggiorna in Croazia, Grecia e Malta, e la ragione per cui sono stati introdotti tamponi obbligatori per chi rientra da questi paesi, è che essi hanno oggi un aumento giornaliero di nuovi casi superiore a quello di marzo-aprile. In altre parole a differenza del nostro paese dove oggi la situazione è più sotto controllo, lì accade il contrario. La Spagna ancora non presenta numeri così elevati ma il trend è quello.

Chiaramente è più semplice attuare un contact tracing laddove la persona sappia con chi ha passato il suo tempo quando era contagiosa, cosa non semplice in situazioni di ammassamento spiaggifero e simili. La responsabilità di una possibile seconda ondata sarà di chi non metterà a punto sistemi di tracciamento contatti efficaci, ma anche di chi individualmente esporrà volontariamente se stesso e gli altri a un rischio evitabile.