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cronaca

Davvero il Coronavirus è più letale in Italia che nel resto del mondo? La risposta è no

Come anticipato dal titolo la risposta breve è no, anche se i dati sembrano andare in questa direzione. Quella più articolata tira in ballo il concetto di letalità apparente. Prima di procedere, però, il grafico. Le barre rappresentano il tasso di letalità, ovvero la percentuale di decessi sul totale dei contagiati, nei Paesi che, al 10 marzo, avevano registrato almeno 100 casi complessivi ed almeno un decesso.

La larghezza delle colonne fa riferimento al totale complessivo dei contagiati, dato utilizzato anche per ordinare le nazioni da sinistra verso destra. La fonte dei dati è la John Hopkins University, ateneo di Baltimora che sta monitorando l’epidemia a livello globale, rendendo disponibili le informazioni sulla piattaforma GitHub.

Come si può notare la barra più alta, che corrisponde ad un tasso di letalità maggiore, riguarda proprio l’Italia. Dove, ad oggi, il 6,2% delle persone cui è stato diagnosticato il nuovo coronavirus è morta. In Cina siamo al 3,9%, in Iran al 3,6%, in Corea del Sud addirittura allo 0,7%. I dati sembrano dire che in Italia si muore di più. La realtà dei fatti, però, potrebbe essere diversa.

Intanto perché bisognerebbe capire come vengono classificati i decessi per Covid-19. Una malattia che spesso è causa secondaria di morte. È capitato anche in Italia, ed è uno dei motivi per cui anche di fronte a una bassa letalità bisogna contenere l’epidemia, che le persone decedute fossero pazienti oncologici o persone che avevano malattie cardiovascolare. Nel caso di un tumore, è questa la causa o è il coronavirus? La risposta a questa domanda cambia il totale dei decessi legati a Covid-19.

Inoltre, quando si fa una proporzione di questo tipo, oltre al numeratore, ovvero i decessi totali, occorre tenere in considerazione anche il denominatore. In altre parole, occorre anche capire con quali criteri vengono effettuati i tamponi che certificano la positività al virus. È ovvio che più sono larghe le maglie dei controlli, minore sarà il numero dei positivi, giocoforza più alta la letalità. Viceversa, più se ne fanno, più se ne trovano, minore diventa l’incidenza dei decessi.

Senza contare che in Italia, nel mezzo dell’epidemia, si è deciso di modificare i criteri sulla base dei quali effettuare i tamponi. Una circostanza che non aiuta nello stabilire la letalità effettiva del nuovo coronavirus nel nostro Paese. Sarà l’epidemiologia, una volta sconfitto il virus, a determinarla con precisione. Per il momento resta più importante concentrarsi sulle misure di contenimento dell’epidemia.

Ultimi commenti
  • Mariano Maistrello |

    Grazie Riccardo S., riflessioni sagge.
    In tutto ciò, appare evidente che analisi puntuali dovrebbero esser fatte su dataset filtrati e ‘ripuliti’ dai vari fattori di ‘rumore’, e comunque corretti e ‘normalizzati’ per tener conto delle variazioni di alcuni parametri (come il variare dei criteri per tampone). Per ottenere finalmente serie di dati con parametri di confronto omogenei e stabili.
    Concordo quindi che in definitiva sarà l’epidemiologia a stabilire l’effettivo indice di letalità italiano dovuto al Covid-19. Buona salute a tutti noi.

  • ugo |

    Devo confessare che continuo a non capire: si vuol far intendere che Cina e soprattutto Corea del Sud o Iran hanno fatto milioni di tamponi ? mi sembra difficile da credere. Rispetto alla popolazione Cinese già oggi abbiamo piu’ contagiati della Cina (con i criteri attuali che ne contano pochi). Sono pronto a difendere i medici , chi ha preso decisioni difficilissime in un momento eccezionale ecc ma secondo me le ragioni per questi dati meritano di essere approfondite

  • Ignazio Carta |

    E’ ormai appurato che facendo tamponi a tappeto, ma in modo mirato a tutte le persone venute a contatto con una persona infetta dal Covid-19, si circoscrive il contagio e si isolano soltanto le persone che possono infettarne altre. Lo dimostra lo screening epidemiologico svolto a Vò, ma anche l’esempio del Veneto, che ha eseguito molti più tamponi della Lombardia, ed ha avuto un’incidenza di morti e malati in terapia intensiva molto minore.

  • Salvatore |

    Credo che in una valutazione analitica debba rientrare anche la possibilità del paradosso di Simpson, che spesso entra in ballo quando si usano le statistiche per derivare relazioni di causa-effetto. Non è detto, insomma, che il paragone abbia senso per vari motivi: dati ancora parziali, campioni distribuiti diversamente in termini di età e così via.

  • Alessandro Caporale |

    Ottimo articolo. Spero raggiunga un alto bacino di lettori.
    Oggi si assiste a un panico infondato che vuole il SARS-COV-2 come un “virus letale”. C’è differenza tra il “si può anche morire di..” e “è letale”.
    Ricordiamoci che all’inizio in Italia si facevano tamponi a tappeto, per tanto venivano inclusi anche gli asintomatici, e infatti la percentuale di mortalità si attestava al 2,6%

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