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Le spese per trasferimenti e stipendi dei calciatori sono davvero fuori controllo?


Nei giorno scorsi Karl-Heinz Rummenigge, ad del Bayern Monaco, ha espresso preoccupazione per gli stipendi pagati ai calciatori, partendo da Antoine Griezmann, da poco passato al Barcellona. Parlando alla Bild, Rummenigge si è detto “preoccupato, non solo le somme di 100 o 120 milioni, ma per gli stipendi che vengono pagati, specialmente in Spagna, Inghilterra e Italia. La tendenza è verso il pagamento di stipendi netti. Dobbiamo stare attenti a non destabilizzare il nostro ordine salariale. Le dimensioni, in questo momento, sono enormi“, ha detto. Per Rummenigge, la firma di Griezmann con il Barcellona è un esempio di quella deriva preoccupante che il calcio ha nei grandi club. “Prendiamo Griezmann, che ha uno stipendio milionario di molti zeri netti all’anno – spiega -. Tutto questo deve essere moltiplicato per due, poiché il club è responsabile del pagamento delle tasse. Il Bayern non parteciperà a tutte queste spese folli“.

Stipendi e ingaggi del mondo del calcio sono davvero fuori controllo? Se ci affidiamo ai dati del sito Transfermark , appare chiaro come come da tempo il costo sostenuti dalle squadre per l’acquisto di giocatori è in fortissimo aumento.

Considerate le leghe principali di cui il sito ha raccolto i dati, e che per esempio per l’Italia comprendono serie A e B, il totale della spesa ha raggiunto i sette miliardi di euro nel 2017/18 per poi stabilizzarsi intorno a quella cifra anche l’anno successivo.

 La fetta più ampia della spesa per acquisto di giocatori si deve, in effetti alla Premier League inglese, i cui club hanno da tempo un livello senza paragone con il resto del continente. Due campionati fa essi hanno, nel complesso, superato i due miliardi di euro, e solo nel 2018/19 la spesa si è raffreddata fino a tornare al livello di due anni prima.

Nel frattempo la serie A ha superato la Liga spagnola, ben oltre il miliardo di euro, diventando il secondo campionato europeo totale per spesa in calciatori.

I bilanci dei club, s’intende, oltre che sulle uscite si reggono poi anche sulle entrate. I giocatori si vendono, oltre che acquistano, e considerando i ricavi da cessioni troviamo una tendenza simile a quella degli acquisti: nel tempo il giro d’affari si amplia e con esso la dimensione complessiva del mercato.

Anche in questo caso, è la Premier League a far registrare storicamente i numeri maggiori nelle cessioni di giocatori. Fa eccezione però il 2018/19, quando essa è stata superata proprio dalla serie A.

Facendo il bilancio complessivo fa acquisizioni e cessioni di giocatori, troviamo che in questo senso i club tendono a operare in negativo. In totale spendono per comprare atleti più di quanto guadagnano vendendoli ad altre squadre.

Il “rosso” totale del calciomercato è quasi raddoppiato in cinque anni, passando da 400 milioni di euro nel 2014/15 a poco meno di 700 nel 2018/19. La variazione è comunque un po’ meno drammatica di quanto sembra a prima vista se però consideriamo anche l’inflazione, ovvero l’aumento generale del costo della vita e dunque il fatto che gli euro di oggi valgono leggermente meno di un tempo.

Buona parte di questa sovra-spesa in giocatori si deve comunque alla Premier League, che non solo vede i propri club acquistare molto più di quanto vendono, ma per di più a un ritmo sempre più intenso – tanto che il bilancio complessivo è arrivato a essere negativo per oltre un miliardo di euro nel 2018/2019.

Naturalmente la vendita di giocatori non è affatto l’unica entrata per un club, che può contare anche su biglietti, abbonamenti, merchandising e così via. Tutti elementi fondamentali per l’equilibrio di bilancio dei club inglesi.

Nessun’altra lega raggiunge gli estremi della Premier League inglese, ma va sottolineato proprio il caso della serie A italiana dove la perdita netta per acquisto di giocatori ha superato di recente – e per la prima volta – i 250 milioni di euro totali, un valore superiore a molti altri grandi campionati.

Un altro indicatore cui guardare per farsi un’idea della situazione dei club è il loro costo del lavoro. I dati aggregati dalla FIGC mostrano che, al di là dell’irraggiungibile Premier League, è la Liga spagnola a sostenere i costi maggiori nel complesso.

Si tratta di numeri che vanno più indietro nel tempo, e consentono di ricostruire anche il momento in cui la Premier League è decollata diventando il più ampio mercato calcistico del continente. Fino alla fine degli anni ‘90, infatti, essa era certamente già molto ricca ma per esempio si trovava grosso modo alla pari con la Bundesliga. Dall’inizio del nuovo millennio, però, essa è decollata diventando – almeno dal punto di vista del costo del lavoro – grande anche il doppio rispetto alla nostra serie A.