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politica

Le religioni degli stranieri: uno su tre è musulmano. Il caso di Prato

 

La quota maggiore, di poco superiore al 30%, è rappresentata da persone di religione musulmana. Seguono gli ortodossi (29,7%), quindi i cattolici (18,6%). Aggiungendo evangelici, copti e le altre confessioni minori, i cristiani arrivano a rappresentare il 53,6% del totale della popolazione straniera. Ma, ovviamente, non è questa la sede per addentrarsi in dispute teologiche. Lo è invece per analizzare la composizione religiosa degli oltre 5,2 milioni di stranieri presenti in Italia.

 

Un’analisi possibile grazie alla Fondazione Ismu, acronimo che sta per Iniziative e studi sulla multietnicità, che incrociando dati Istat e Orim (Osservatorio regionale per l’integrazione e la multietnicità) ha elaborato una stima della composizione religiosa degli stranieri che vivono in Italia. Beninteso, dal computo sono esclusi coloro che hanno ottenuto la cittadinanza italiana. I quali, appunto, stranieri non lo sono più. Al 1 gennaio 2019 la situazione è questa:

 

 

Da un punto di vista generale, nell’ultimo anno gli islamici hanno sopravanzato gli ortodossi, che al 1 gennaio del 2018 rappresentavano il gruppo confessionale più numeroso. Si tratta, in numeri assoluti, di circa 1 milione e 580mila fedeli. Ancora una volta: dal conto sono esclusi i musulmani italiani o che tali sono diventati dopo aver ottenuto la cittadinanza.

 

Utilizzando i filtri, il grafico consente di andare a visualizzare la situazione all’interno di una singola regione o di una determinata provincia. Ad esempio in Lombardia la percentuale di musulmani sale al 32,9% del totale degli stranieri che vivono in questa regione, nel Lazio scende al 19,2%, in Sicilia arriva al 35,3%. Nella regione di Roma capitale la religione più diffusa tra gli immigrati è quella ortodossa, professata dal 37% dei residenti non italiani.

 

La curiosità? In provincia di Prato la quota maggiore, pari al 34%, è rappresentata dagli atei. Del resto qui è fortissima la comunità cinese, che arriva cioè da un Paese dove secondo uno studio WIN/Gallup del 2017, il 67% della popolazione si dichiara atea. Che poi lo sia per intima convinzione personale o perché così “consiglia” il Partito comunista, questo i numeri non lo dicono.