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cronaca

Donne, la lotta per l’emancipazione si misura anche con gli assorbenti

Non è un caso se Period. End of Sentence (in italiano Il ciclo del progresso) diretto da Rayka Zehtabchie da qualche giorno visibile su Netflix, ha vinto il premio Oscar 2019 come miglior cortometraggio documentario. Sicuramente si tratta di un buon segnale da raccontare l’8 marzo, nella Giornata Internazionale della Donna, per ricordarci che la lotta per l’emancipazione femminile corre a diverse velocità e se di lotta si parla dobbiamo mantenere uno sguardo ampio.
Nei segmenti di popolazione più ricchi del mondo si discute di gender pay gap, di fare in modo che l’uguaglianza statistica raggiunta in termini di accesso all’istruzione si traduca in una reale parità di diritti sul luogo di lavoro. Ma nel frattempo in uno dei tanti villaggi dell’India solo una ragazza su dieci, secondo quanto racconta il documentario, ambientato appena fuori Delhi, ha modo di utilizzare gli assorbenti. Le altre nove non sanno nemmeno che cos’è, un assorbente. E si finisce per lasciare la scuola a 12 anni solo perché non si hanno panni puliti.
Il segnale meno positivo è che anche cercando online, di dati su questo fenomeno se ne trovano ancora molto pochi. Si tratta di un fenomeno ancora prevalentemente non mappato. Solo UNICEF ha stimato che in Africa una ragazza su dieci non frequenti la scuola durante le mestruazioni, con assenze medie di quattro giorni ogni quattro settimane. Ma si tratta di valori basati su studi condotti a livello locale.

Il problema tuttavia non sembra essere di carattere meramente economico e non riguarda solo la mancanza di prodotti igienici: si tratta di un gap culturale. Un ruolo determinante lo gioca anche la mancanza di informazioni da parte delle giovani donne sul proprio ciclo mestruale. Di mestruazioni non si parla, nemmeno con le altre donne.
Cercando in rete si trovano tre studi in particolare: uno condotto in Kenia, uno in Nepal e uno in Ghana, che hanno mostrato che fornire alle donne i prodotti igienici non basta per migliorare la loro frequenza scolastica. In Kenya, le ragazze perdono in media 4 giorni di scuola al mese per le mestruazioni, e spesso abbandonano completamente gli studi. Lo studio condotto in Ghana e riportato in un dossier di Unesco in particolare ha coinvolto 120 ragazze di età compresa tra 12 e 18 anni per studiare in che modo una migliore istruzione sul tema della pubertà e della gestione del proprio ciclo mestruale incideva sulla frequenza scolastica, al di là della fornitura di prodotti come gli assorbenti igienici. Ebbene: la ricerca ha mostrato che a distanza di tre mesi non c’era differenza in termini di frequenza scolastica fra chi aveva ricevuto gli assorbenti e la formazione e chi aveva ricevuto solamente la formazione. “Se vuoi educare un villaggio, educa una donna» dice un noto proverbio africano.
Abbiamo parlato di India e di Africa Subsahariana, ma non illudiamoci: la cosiddetta “period poverty” (period in inglese indica il momento del ciclo mestruale) è presente anche in Europa. L’Organizzazione mondiale della sanità riporta che in Macedonia il 90% delle studentesse nelle aree rurali non va a scuola per 4-5 giorni durante il periodo in questione. Nelle aree urbane, è il 75% delle giovani a saltare la scuola per 2-3 giorni al mese. Il 15% di loro ha dichiarato addirittura di non utilizzare alcun mezzo igienico gestendosi con panni, carta igienica o giornali.

Un sondaggio del Plan International UK ha rilevato che una ragazza inglese su 20 fra i 14 e i 21 non può permettersi asciugamani o assorbenti igienici. Non si tratta qui di un tabù culturale, ma di un problema economico. Gli assorbenti costano. Non a caso in anni recenti si è parlato molto in tutta Europa di “tampon tax”, cioè di ridurre l’impatto delle imposte sul costo finale del prodotto. Alcuni paesi come il Regno Unito lo hanno messo in pratica, mentre in Italia non si è fatto nessun passo in avanti, nemmeno nell’ultima legge di bilancio, nonostante fosse stato presentato un emendamento. Assorbenti e affini sono ancora considerati “bene di lusso” con un IVA al 22%, contro il 5% di quella dei tartufi. La Spagna applica invece un’IVA del 4% la Francia del 5,5 %, il Regno Unito del 5%, il Belgio e i Paesi Bassi del 6%.

Infine, non dimentichiamo che gli assorbenti inquinano, specie in aree rurali e povere dove mancano infrastrutture per lo smaltimento dei rifiuti. Esistono delle alternative più sostenibili, come la coppetta mestruale, che però è ancora poco diffusa, anche perché richiede un lavaggio con acqua calda ogni 4-8 ore, non sempre semplice sul luogo di lavoro. Secondo un’indagine online quali-quantitativa condotta nel 2012 da eMMMe Case Study e Università degli Studi di Catania, la regione dove la coppetta mestruale è più diffusa è la Lombardia (16% di donne che la usano), seguita da Piemonte, Veneto ed Emilia Romagna (10%). Nel resto d’Italia non si supera il 10%.
Da una parte le donne, dall’altra l’ambiente. Ancora. La scorsa primavera la Commissione Europea ha preso posizione – pare – per le donne, scegliendo di ritirarli dalla bozza finale di un documento con la lista degli articoli da tassare a causa dell’impatto che hanno sull’ambiente.
L’Italia ancora non ha preso posizione, e non certo per preferire l’ambiente.