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Come si misurano i videogiochi? Da Metascore a OpenCritic

Come si misurano i videogiochi? Chi decide se un titolo va acquistato o no, se soddisfa le aspettativa della comunità dei giocatori, o se contribuisce a cambiare il modo di progettare i videogames? Parliamo di critica, di recensioni, di strumenti per quantificare il successo o il valore di un prodotto culturale. Sul piano commerciale l’indice è solo uno: le vendite. Se invece allarghiamo lo sguardo anche solo per avere una idea sui costi e benefici di una produzione videoludica possiamo scegliere di appoggiarci a un indicatore. In questi anni – gli addetti ai lavoro lo sanno bene – esistono numerosi “strumenti” editoriali che forniscono feedback all’industria. Il più famoso e più discusso è il Metascore di Metacritic.  Metacritic è un sito che aggrega recensioni dedicate a videogiochi, film, musica e serie TV. Il Metascore, come spiega Luca Forte di Eurogamer, è sostanzialmente una media pesata, basata su una seleziona di recensioni di riviste specializzate. I giochi ricevono un voto da uno a 10. Ogni sito o rivista selezionato da Metacritic ha un proprio punteggio, dato in base alla qualità degli articoli e alla dimensione della struttura, che andrà applicato ad ogni suo voto e definisce il peso della rivista all’interno del Metascore. L’aggregazione di queste indicazioni genera un numero che va da o a 100. Diciamo subito che la correlazione tra Metascore e vendite è molto alta. I criteri di scelte delle riviste e del peso che le identifica sono arbitrari, nel senso che sono legate a una serie di parametri decisi dalla redazione (pubblicazione recensioni, lettori, ecc). La formula che assegna il parametro alla singola rivista non è pubblica. Qui trovate le Faq. E questa ha sollevato molte critiche sulla trasparenza nelle scelte. Accanto al Metascore che va da o a 100, Metacritic aggiunge il voto del pubblico, un modo per affiancare alla dato di sintesi degli “esperti” un più moderno “uno vale uno”.

Qui sotto trovate i dati di sintesi per il 2018 di pubblico e “critica”. La grandezza dei quadrilateri è proporzionale al voto. Come si può vedere i voti pesati e quelli degli utenti non sono lontanissimi tra loro. Diciamo che c’è una sostanziale convergenza. 

 

 

In questa direzione si muovono anche altri siti come Gameranking (specifico sul gaming) o Imdb, Rotten e Tomatoes che abbracciano anche cinema e serie tv. Metacritic tuttavia, è stato per anni, oltre al più letto indicatore anche il più discusso. Più trasparente è OpenCritic, nato nel 2015 per volontà di Matthew Enthoven, fondatore di Riots. La scelta di OpenCritic è quella di essere un aggregatore di ranking aperto, qui trovate la metodologia di funzionamento. Secondo queste Faq, qualunque rivista online, pubblicazione o blog può iscriversi, fornendo alla piattaforma di OpenCritic i metadati relativi ai voti dei giochi. Per aggiornarsi, un sistema di web crawlers interroga ogni 15 minuti il sito per collezionare i dati sulle nuove recensioni. La filosofia è quella di presentare maggiore trasparenza e apertura. Per ogni voto è indicato anche il nome dell’autore oltre a quello della testata. La media poi è aritmetica, nel senso che non ci sono pesi che influenzano una rivista rispetto a un influencer. Va detto che le classifiche per il 2018 di OpenCritic nella sostanza non divergono moltissimo se si guarda alle prime due posizioni da quella di MetaCritic. Questi i voti dei primi.

  1. Red Dead Redemption 2, 97/100
  2. God of War, 95/100
  3. Super Smash Bros. Ultimate, 92/100
  4. Forza Horizon 4, 92/100
  5. Nier Automata: Become as Gods, 92/10

 

Questi i voti dei secondi che distinguono per piattaforma.

  1. Red Dead Redemption 2, Xbox One – 97
  2. Red Dead Redemption 2, PS4 – 97
  3. God of War, PS4 – 94
  4. Celeste, Xbox One – 94
  5. Undertale, Switch – 93

Ha senso un indice di sintesi? Di fondo, l’aggregazione di ranking si presta alla critica di fondo che mancando criteri oggettivi, e per oggettivi, intendo scritti sulla pietra, i risultati sono medie statistiche di valutazioni. I voti ai videogiochi come le “palle” che vengono riportate sui giornali di carta per i film al cinema servono per fornire un sopra e un sotto della produzione videoludica. Per quanto le riviste specializzate nel loro complesso convergano su alcuni principi di giudizio (grafica, storia, gameplay ecc) esistono linee editoriali, sensibilità diverse e la consapevolezza di dovere comunque fare i conti con il peso commerciale dei publisher. Questo vale per la stampa specializzata come per quella generalista. Vale per tutti i soggetti economici che hanno un modello di business fortemente legato a inserzionisti pubblicitari appartenenti ai prodotti che vanno a recensire o di cui parlano. A maggiore ragione se l’inserzionista è anche azionista dell’influencer o del giornale. Al di là quindi delle correlazioni con i dati di vendita e dei pesi che vengono assegnati alla selezione di riviste, l’uso di questi indici vuole dare un valore quantitativo a un prodotto che per quanto possa essere classificato, dissezionato e misurato appartiene a tutti gli effetti alla cultura. Il giudizio di molti quando il campione è statisticamente ampia vale quindi come dato di sintesi di mercato più che di valore del singolo prodotto. In qualche modo, ma è una opinione, racconta di più la percezione del pubblico che l’estetica del videogame.