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cronaca

Gli italiani invecchiano ma le risorse per la loro cura non aumentano

Gli italiani invecchiano, ma le risorse per la loro cura non aumentano, e spesso le famiglie devono rivolgersi altrove, al di fuori del pubblico. Solo un anziano non autosufficiente su tre è attualmente preso in carico dai servizi, sanitari o sociali, così come un terzo delle persone in disabilità dai 15 ai 64 anni. E ancora meno sono i posti disponibili presso strutture residenziali o semi residenziali rispetto al fabbisogno stimato, sia che si tratti di anziani che di adulti con disabilità.
Lo mette in evidenza il rapporto OASI 2018 redatto dall’Università Bocconi in collaborazione col CERGAS ha analizzato i dati del Ministero della Salute relativi al 2016.
In numero assoluto sono 900 mila gli anziani over 65 in carico ai servizi sanitari e 500 mila in carico ai servizi sociali, ma il fabbisogno stimato è di 2.857.801 anziani non autosufficienti (fra coloro che vivono in famiglia che chi risiede permanentemente presso presidi residenziali sociali e socio-sanitari); il che significa che per la metà di loro non c’è posto. Il numero di posti letto per anziani non autosufficienti è pari a 301.693 unità, che per il 94,45% si trovano all’interno di strutture sociosanitarie.
Per quanto riguarda gli adulti con disabilità, la bilancia è ancora più sfasata, con 200 mila persone prese in carico dai servizi socio-sanitari e il doppio di persone che ne restano escluse. Il numero di posti letto sociosanitari complessivi a disposizione è di 53 mila unità, molto inferiore rispetto a quello per anziani non autosufficienti.
Sono due – secondo gli esperti che hanno redatto il rapporto – le fragilità del sistema: anzitutto il sistema di interventi sociali è molto debole, dal momento che presenta un numero sensibilmente inferiore di utenti in carico rispetto al sistema sociosanitario. Soprattutto, rispetto alla rilevazione dell’anno precedente si è ridotto del 24% il numero di posti per gli anziani in strutture che erogano unicamente servizi di tipo sociale.
Sul versante dell’assistenza sociosanitaria invece la debolezza principale è rappresentata dai servizi domiciliari per anziani non autosufficienti: è aumentata infatti l’utenza in carico all’Assistenza Domiciliare Integrata (ADI) rispetto all’anno precedente, ma il valore economico degli interventi domiciliari di carattere sociosanitario è rimasto invariato. In altre parole si è allargata la platea di utenti serviti, diminuendo allo stesso tempo l’intensità assistenziale. Quest’ultima, già limitata nelle precedenti rilevazioni, è pari a una media non più di due ore a settimana per utente anziano non autosufficiente (dati Monitoraggio LEA).
Chi non riesce a ottenere un posto letto presso strutture residenziali o semi residenziali ha diritto a un contributo economico di supporto alla persona per la permanenza al domicilio al di fuori del sistema di Assistenza Domiciliare (ADI). Gli anziani non autosufficienti che ricevono questo supporto sono 1,4 milioni, mentre 200 mila ricevono un contributo economico, per un totale di 630 milioni di euro. I disabili adulti appartenenti al primo gruppo sono 512 mila e 124 mila sono coloro che ricevono un contributo economico per un totale di 1,1 miliardi di euro, il doppio rispetto al comparto riservato agli anziani autosufficienti. Non sono qui inclusi i contributi INPS per interventi non pensionistici e assistenziali, in particolare le Indennità di Accompagnamento, la cui spesa nel 2016 è stata pari a circa 13,4 miliardi di euro.

Il 60% degli utenti utilizza questi contributi per pagare servizio sociali professionali e per attività ricreative, sociali, culturali, mentre solo al terzo posto si trovano servizi di assistenza domiciliare, che coinvolgono 149.190 anziani, ossia il 10,5% del campione.
In assenza di una risposta assistenziale formalizzata e adeguata ai bisogni, i cittadini si trovano spesso nelle condizioni di ricercare soluzioni rivolgendosi ad altri setting di cura, sia privati (pensiamo alla crescita del numero di badanti, che fra regolari e non si stimano essere 983.000) che “istituzionalizzati”, ovvero ricorrendo al ricovero ospedaliero.

Ultimi commenti
  • Gio |

    Già spendiamo il 25% del PIL per gli italiani che invecchiano (tra pensioni e sanità), mentre i nostri giovani si stanno estinguendo. Se dovessimo aumentare ulteriormente le risorse per rimpinguare la spesa di pensioni e sanità, finirebbe che le persone in età lavorativa si devono accontentare di una ciotola di riso ed un bicchiere d’acqua come compenso per i turni di lavoro di 18 ore (come nel Vietnam). Guai invece a toccare il patrimonio immobiliare o i conti in banca quasi esclusivamente in mano agli “italiani che invecchiano” di cui sopra, e che negli anni della crisi si sono arricchiti piu’ di tutti (leggasi articolo del sole24ore in merito, sulla ricchezza in mano ai 65enni). E sì, devono mantenere gruzzoletto in banca, casa e cure a spese degli altri.

  • Gio |

    Già spendiamo il 25% del PIL per gli italiani che invecchiano (tra pensioni e sanità), mentre i nostri giovani si stanno estinguendo. Se dovessimo aumentare ulteriormente le risorse per rimpinguare la spesa di pensioni e sanità, finirebbe che le persone in età lavorativa si devono accontentare di una ciotola di riso ed un bicchiere d’acqua come compenso per i turni di lavoro di 18 ore (come nel Vietnam). Guai invece a toccare il patrimonio immobiliare o i conti in banca quasi esclusivamente in mano agli “italiani che invecchiano” di cui sopra, e che negli anni della crisi si sono arricchiti piu’ di tutti (leggasi articolo del sole24ore in merito, sulla ricchezza in mano ai 65enni). E sì, devono mantenere gruzzoletto in banca, casa e cure a spese degli altri.

  • Cecilia Sechi |

    Siete sempre i più bravi !

  • Cecilia Sechi |

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