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economia

Cosa è il Cri, l’indice di contrasto alla disuguaglianza? Il caso Italia

In questi giorni Oxfam ha reso noto il CRI (Commitment toon Reducing Inequality Index o l’Indice di Contrasto alla Disuguaglianza). Si tratta di un indice composito, validato statisticamente da un centro di ricerca della Commissione Europea, che mira a esaminare e confrontare l’azione di 157 governi nel contrasto alle disparità socio-economiche.

Il macro dato è che l’Italia si colloca nel complesso al 16mo posto assoluto e al 15mo fra i 35 paesi dell’area OCSE nel 2017, ma bisogna fare attenzione prima di cantare vittoria. Si tratta infatti di un ranking che, nel commento di Oxfam, rappresenta ancor oggi, in termini comparativi, il dividendo del welfare state italiano, la cui portata universalistica corre oggi il serio pericolo di sgretolamento e forti rischi di sostenibilità economica.
Solo esaminando nel dettaglio gli indicatori considerati possiamo farci un’idea più precisa di dove stiamo andando discretamente e quali invece sono i nostri buchi neri.

Sul fronte della spesa pubblica, il CRI colloca l’Italia al 152imo posto (su 157 Paesi) per la percentuale di spesa pubblica destinata all’istruzione. In questo ambito ci troviamo davanti solo a Timor-Leste, Bahrain, Antigua-Barbados, Nigeria e il fanalino di coda del Libano.
Nel complesso siamo in ventunesima posizione assoluta nel ranking sulla progressività della spesa pubblica, posizione apparentemente buona perché beneficia della porzione, comparativamente tra le più alte nel campione dei Paesi analizzato, di spesa pubblica destinata alla sanità – dove ci troviamo al trentunesimo posto – e alla sicurezza sociale, dove ci collochiamo in settima posizione assoluta. A fronte a un esborso significativo, la spesa per la ‘sicurezza sociale’ nazionale – ci spiega Oxfam – è tuttavia profondamente squilibrata sul capitolo previdenziale a discapito della spesa per assistenza produttiva rivolta ad esempio ai più giovani tramite interventi di inserimento e reinserimento lavorativo e i sussidi di disoccupazione o alla famiglia con i contributi alla maternità.

Per quanto riguarda il pilastro fiscale citato nel CRI, siamo in tredicesima posizione e addirittura noni nell’area OCSE, ma a ben vedere ci collochiamo in ottantunesima posizione assoluta lungo l’indicatore specifico della progressività strutturale dei sistemi fiscali, una media degli score di progressività dei sistemi impositivi IVA, IRES e IRPEF. L’Italia risulta stabilmente fuori dalla top-20 su ciascuno dei quattro indicatori del pilastro.

Infine, venendo al pilastro del lavoro, l’Italia si colloca in assoluto in trentaseiesima posizione, appena sotto la Spagna. Un ranking che risente del punteggio basso (la settantanovesima posizione) dell’Italia sull’indicatore relativo al livello di salario minimo legale o, in caso di assenza della misura, del livello di retribuzione oraria nominale estrapolata, al ribasso, dai contratti collettivi nazionali del lavoro in vigore.

Gli esperti di Oxfam sono piuttosto critici sulla situazione italiana, specie in relazione alle manovre annunciate dal nuovo governo. “Non c’è per esempio alcuna intenzione di favorire lo spostamento del carico fiscale da redditi e consumi a patrimoni e rendite” ha dichiarato Elisa Bacciotti, direttrice delle campagne di Oxfam Italia. “L’idea di una tassazione patrimoniale progressiva, oggi in discussione in Spagna che tenga conto, con accortezza, dell’entità e delle tipologie dei patrimoni, da noi resta, purtroppo, ancora un tabù.” E la Flat tax? “L’intenzione di fondo di portare dal 2020 in poi a due, o addirittura a una sola, le attuali aliquote IRPEF, comporterebbe la riduzione del grado di progressività e del potenziale redistributivo, già debole, dell’attuale sistema impositivo. Una vera involuzione fiscale con interventi preoccupanti su deduzioni e detrazioni e foriera di tagli a servizi pubblici come scuola e sanità.”

Agli annunci sul rafforzamento della lotta contro l’evasione fiscale e contributiva fa poi pericolosamente eco il progetto di ‘pace fiscale’, un intervento che si configura come un effettivo condono a reiterato svilimento del concetto di equità fiscale e a discapito di chi corrisponde all’erario il dovuto.

Oxfam mostra alcune riserve anche sul reddito di cittadinanza. “Ci preoccupano due cose: da una parte le eccessive condizionalità della misura, che non trova simili in Europa, e dall’altra il vincolo dell’erogazione del reddito alla sola disponibilità all’attivazione lavorativa. L’idea di fondo è che il lavoro è considerato l’unica via di fuga dalla povertà, svalutando la multidimensionalità della povertà, dettata in primis dall’assenza di beni capitali come istruzione, salute, reti sociali che necessitano di interventi strutturali a medio-lungo termine di cui si fa fatica a trovare traccia organica nella manovra”.