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cronaca

Quanto sesso fanno gli inglesi? Cosa misura l’indice di “contentezza coniugale”

“Abbiamo bisogno di studi qualitativi per scoprire il perché” titola l’editoriale del British Medical Journal, commentando i dati di un sondaggio che evidenzia che appena la metà degli inglesi e delle inglesi dai 16 ai 44 anni nell’ultimo mese ha fatto l’amore meno di una volta alla settimana. Di meno rispetto a quanto avveniva trent’anni fa. Se avete già smesso di leggere per contare le vostre performance dell’ultimo mese, sappiate che gli scienziati ci tengono a precisare che sono state conteggiati qui solo i rendez-vous dove si è praticato sesso vaginale, orale e anale. Baci, coccole e masturbazione, anche se in coppia, non valgono.

Lo studio ha coinvolto 18.876 uomini e donne intervistati nel 1991; 11.161 persone nel 2001, e 15.162 nel 2012. Analizzando i dati, i ricercatori hanno scoperto che la proporzione di inglesi che non aveva fatto sesso nel mese precedente era scesa dal 1991 al 2011, crescendo invece significativamente nel 2012. Nel 1991 il 30% degli uomini e il 28% delle donne non aveva fatto l’amore nel mese precedente, nel 2011 era rimasto a bocca asciutta il 26% dei maschi e il 23% delle femmine, mentre nel 2012 il 29% degli intervistati in entrambi i sessi.

Al tempo stesso, la percentuale di persone che dichiarava di averlo fatto più di 10 volte  nell’ultimo mese è passata dal 18% del 1990 al 20% del 2011 al 13% del 2012 fra le donne e dal 19% al 20% al 14% fra gli uomini nello stesso periodo. La mediana è risultata essere di quattro rapporti al mese nelle coorti 1991 e 2001 e tre nella coorte 2012.

Viene da chiedersi: ma perché mai il BMJ dedica energie a studiare la vita erotica degli inglesi?

La risposta è che la promozione della salute sessuale rientra a pieno titolo nell’ambito della prevenzione: fare l’amore spesso (e bene!) può portare evidenti benefici alla salute. È inoltre emerso che uomini e donne in una migliore salute fisica e mentale hanno fatto sesso più frequentemente, così come quelli che erano pienamente occupati e quelli con un reddito più elevato.

Ma niente paura, rassicurano gli scienziati: un’attività sessuale meno frequente non è necessariamente un problema per la salute. Diversi studi dimostrano che la diversità nel “repertorio” sessuale è aumentata negli ultimi dieci anni nonostante la diminuzione della frequenza.

In ogni caso uno studio tedesco del 2016 ci tiene a raffreddare le aspettative, rilevando la tendenza a un aumento della soddisfazione sessuale nel primo anno di una relazione, seguito da un costante declino, anche quando non diminuisce la frequenza dei rapporti.

Un’altra ricerca, pubblicata nel 2017  ha mostrato che in termini di “contentezza coniugale”, una soddisfacente vita sessuale e un’intesa “calda” funzionerebbe di più di un’elevata  frequenza di rapporti sessuali, ma meno coinvolgenti. Insomma, secondo la scienza la quantità e la qualità dell’attività sessuale non sarebbero necessariamente collegate.

E gli autori non di questi studi non sono tutti inglesi.

Inoltre, anche se abbiamo detto in apertura, che la masturbazione non era un aspetto conteggiato nello studio, dai risultati emerge che essa è associata a probabilità più alte di fare sesso almeno una volta alla settimana. Solo nelle donne però. “Apparentemente – si legge nell’articolo – per le donne la masturbazione non è un surrogato del sesso con un partner”.

Come dovrebbero essere interpretati questi risultati? Con cautela, mette in guardia Peter Leusink, sessuologo, nel suo editoriale su BMJ. Ad esempio i fattori socioeconomici associati a una ridotta attività sessuale (basso reddito, lavoro a tempo parziale, lavoro manuale) potrebbero essere più rilevanti per i gruppi di migranti, dal momento che la loro salute è mediamente più compromessa rispetto ad altri gruppi e al tempo stesso hanno scarso accesso ai servizi di salute sessuale e riproduttiva.

C’è un ulteriore elemento da tenere in considerazione: dal sondaggio emerge che buona parte degli inglesi non è per nulla soddisfatta di fare così poco l’amore. Come mostrano i risultati, queste cifre nascondono problemi come depressione, scarsa salute fisica e problemi di relazione, che sono tutti aumentati dal 1990 al 2012.

Insomma, per parafrasare il genio di Paolo Poli: “Credevo che questo fosse il secolo del sesso, invece è il secolo della cucina. Tutti a spadellare, a casa e in televisione. Che noia!