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politica

Domanda: ma i sindaci portano voti?

La risposta a questa domanda è che dipende. Dal partito, o dalla coalizione cui il primo cittadino fa riferimento, innanzitutto. Ma anche, almeno in alcuni casi, dalla zona in cui si trova la città. No, non è la latitudine a cambiare il voto: però i sindaci del Pd alzano il risultato del partito a Nord di Roma, mentre a Sud affondano insieme alla segreteria di Matteo Renzi.

A qualche giorno dalle elezioni dello scorso 4 marzo, InfoData ha voluto condurre un esperimento. Obiettivo, valutare come il partito di riferimento del sindaco delle principali città italiane si sia comportato in questi centri. Non c’è ovviamente uno stringente rapporto di causa effetto tra i due fenomeni. Ma è normale che consultazioni anche di livello superiore siano uno degli strumenti per valutare l’operato di un primo cittadino durante il mandato. Dopodiché, un primo cittadino resta in sella fino alla scadenza naturale: sono le elezioni amministrative a decidere chi comanda in città.

La scelta è stata quella di concentrarsi sulle realtà con più di 200mila abitanti. Con due esclusioni importanti: Napoli e Messina. Difficile, infatti, trovare una coalizione di riferimento per Luigi De Magistris e Renato Accoriniti. Per quanto riguarda il centrodestra, si è considerato il risultato dell’intera alleanza. Tanto più che nelle quattro città amministrate, il sindaco è sempre un indipendente. Mentre quando si guarda al Pd, è bene tener presente che spesso l’elezione di un suo esponente a primo cittadino si deve ad un’alleanza di forze progressiste. Queste le condizioni iniziali: il risultato dell’esperimento viene visualizzato su questa mappa:

 

Ogni triangolo rappresenta una città. Se la punta è orientata verso l’alto significa che il partito del sindaco ha ottenuto un risultato migliore rispetto alla media nazionale, se invece è girata verso il basso significa che c’è stato un calo. Che viene “quantificato” dalle dimensioni del triangolo. Il colore indica invece il partito: giallo per il M5S, blu per il centrodestra, verde per il Pd.

Partendo dai Cinque Stelle, la situazione non è buona. Almeno dal punto di vista grillino. Due le città considerate, Roma e Torino, e in entrambi i casi il risultato del M5S è stato inferiore alla media nazionale. Ma se Virginia Raggi, probabilmente approfittando anche dei risultati migliori ottenuti dal Movimento nel centro Sud, ha contenuto la perdita ad un -2,6% rispetto alla media nazionale, decisamente peggio è andata a Chiara Appendino. Sotto la Mole i grillini si sono fermati al 22,8%, quasi dieci punti in meno rispetto al risultato nazionale. Luna di miele finita tra M5S ed elettori torinesi? Si vedrà nel 2021.

Discorso diverso per quanto riguarda il centrodestra. I quattro sindaci presi in considerazione amministrano tutti città del Nord, zona d’Italia in cui il blocco conservatore ha costruito gran parte del proprio consenso elettorale. E da una parte ci sono Federico Sboarina (Verona) e Roberto Dipiazza (Trieste) che festeggiano risultati migliori di quelli generali, rispettivamente del 3,9 e dell’1,2%. Mentre dall’altra Luigi Brugnaro (Venezia) e Marco Bucci (Genova) devono fare i conti con un calo dell’1,9 e del 5,8% dei consensi ottenuti dal centrodestra nelle loro città rispetto al dato nazionale.

Ancora più complessa, invece, l’analisi per quanto riguarda il Pd. A Palermo e Catania, città guidate da Leoluca Orlando e Enzo Bianco, i democratici hanno registrato 7 punti percentuali in meno rispetto alla media. Lo stesso a Bari, dove il sindaco è da Antonio Decaro. Qui il calo è stato contenuto a poco più di cinque punti. A Bologna e Firenze, Virginio Merola e Dario Nardella possono brindare per un Pd che è ha ottenuto quasi 18 punti in più di quanto avvenuto a livello nazionale. Ma si tratta dei capoluoghi delle due regioni in cui il consenso democratico è stato più alto.

E allora diventano interessanti i casi di Padova e, soprattutto, di Milano. Nella città veneta guidata da Sergio Giordani il Partito democratico ha ottenuto quasi sei punti in più rispetto alla media nazionale. Mentre nel capoluogo lombardo l’incremento ha superato gli 8 punti percentuali. Affermare che sia tutto merito di Beppe Sala, ma il discorso vale per tutti gli altri sindaci, è certamente azzardato. Il voto sulla Brexit, così come quello americano, hanno però mostrato che i grossi centri urbani stanno diventando delle enclave progressiste. E chissà che anche Milano non abbia imboccato questa direzione.