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economia

Entro il 2020 tre europei su quattro dovranno avere un lavoro

Entro il 2020 tre europei su quattro tra i 20 ed i 64 anni dovranno avere un lavoro. A chiederlo è l’Europa, che ha fissato questo obiettivo, declinandolo poi per ogni singolo Stato. E nei giorni scorsi Eurostat ha diffuso un rapporto che mostra a che punto sono i singoli Paesi. Numeri che Infodata ha riassunto in questa infografica:

 

Intanto c’è una mappa, che di default mostra la percentuale di occupati tra i 20 ed i 64 anni nel 2016. Il Paese in cui il tasso è più alto è la Svezia dove, nella fascia di età considerata, quattro persone su cinque hanno un’occupazione. L’Italia si trova nella parte più bassa della “classifica”, visto che solo il 61,6% dei cittadini tra i 20 ed i 64 anni aveva un lavoro nel 2016. Ovvero tre persone su cinque: rispetto alla Svezia, ogni cinque persone c’è un disoccupato, o un inoccupato, in più. Peggio dell’Italia fanno solo la Croazia (61,4%) e la Grecia (56,2%).

 

I filtri nella parte sinistra della mappa consentono di vedere come siano andate le cose negli anni passati. La serie storica consente di tornare indietro nel tempo fino al 2000. Ma anche di condurre un’analisi di genere. Detto altrimenti: lo scorso anno il 71,7% degli uomini italiani tra i 20 ed i 64 anni aveva un lavoro. Mentre tra le donne della stessa età solo il 51,6%, poco più di una su due, era occupata.

Un rapporto, quello tra l’occupazione maschile e quella femminile, che è possibile approfondire guardando alla seconda parte dell’infografica. Dove viene mostrato l’andamento della prima (in azzurro) e della seconda (in rosso) a confronto con l’occupazione totale (in verde), sempre nella fascia di età tra i 20 ed i 64 anni. Di default, viene mostrata la situazione italiana, guardando alla quale si vede come la percentuale di donne che lavorano sia andata costantemente aumentando dall’inizio del secolo. Unici due anni di flessione, il 2009 ed il 2010, subito dopo lo scoppio della crisi. Che ha invece fatto calare la percentuale di uomini occupati fino al 2015, anno in cui è cominciata la risalita.

Il filtro all’interno del grafico consente di scegliere uno dei Paesi dell’Unione e vedere come siano andate le cose lì. Ad esempio la Lituania, la nazione europea in cui la differenza tra la percentuale di uomini e di donne occupate è la più bassa a livello continentale: qui nel 2016 lavorava il 76,2% dei primi ed il 74,3% delle donne. È possibile scegliere tra le diverse nazioni anche nella parte destra del grafico, che mostra la percentuale di occupazione nel 2016 e l’obiettivo fissato dall’Unione per il 2020, anno in cui la media europea dovrà raggiungere il 75%.

Per parte sua, l’Italia deve arrivare al 67%. Ovvero vedere al lavoro due persone su tre nella fascia di età compresa tra i 20 ed i 64 anni. Visto che gli uomini hanno già superato questa quota, sarà necessario puntare su un aumento dell’occupazione femminile per raggiungere questo obiettivo. Per quanto non è solo aumentando i posti di lavoro che si può rispettare l’indicazione europea. Anzi, se ci si concentra sull’andamento dell’occupazione tra i 55 ed i 64 anni, pare che possa contribuire anche l’innalzamento dell’età pensionabile. Utilizzando i numeri, sempre di fonte Eurostat, Infodata ha costruito questa infografica:

 

 

Intanto la mappa che mostra, come quella della prima infografica (rispetto alla quale è identico anche il funzionamento dei filtri), il fatto che la Svezia è il Paese europeo in cui c’è una maggiore quota di persone occupate nella fascia di età considerata: si tratta di oltre il 75% nel 2016. In Italia siamo poco oltre il 50%, con un’importante distinzione di genere. Tra i 55 ed i 64 anni sono occupati il 61,7% degli uomini ed il 39,7% delle donne.

 

Un “gender gap” che negli ultimi anni si è andato riducendo. Ma è interessante guardare alla serie storica anche per valutare come dall’inizio del secolo sia aumentata la quota di persone tra i 55 ed i 64 anni che lavora. Una diretta conseguenza dei ripetuti innalzamenti dell’età pensionabile introdotti dai governi per rendere sostenibile il sistema previdenziale. Ma che sta aiutando anche a raggiungere gli obiettivi occupazionali fissati dall’Europa.

Ultimi commenti
  • Lucio Cantu' |

    1 – Riguardo l’occupazione giovanile-che mi sembra il problema piu’ grave – si potrebbe cominciare abolendo gli “stage” non curricolari -prevedendo come forma di primo impiego il contratto di apprendistato o un nuovo tipo di contratto con finalita’ simili che consenta ai giovani di percepire una vera retribuzione,coperta da contributi sociali magari figurativi e per qualche anno a carico dello stato – perche’ le aziende senza incentivi i giovani anche se plurilaureati NON LI ASSUMONO –

    2 -riformare li istituti statali che dovrebbero favorire l’assunzione dei giovani – vedi Garanzia Giovani – ma che ad oggi hanno sprecato un sacco di risorse con risultati scarsissimi – o ancora meglio sospenderli ed utilizzare i fondi per incentivi di cui al primo punto

    3 – incentivare economicamente a carico dello Stato le Universita’ i cui laureati abbiano un tasso di occupazione elevato – es 70% – entro 2 anni dalla laurea –

    4 – studiare e valutarne l’implementazione in Italia delle politiche per il lavoro giovanile
    realizzate all’estero con successo – copiare- ma copiare bene chiaramente – non sarebbe un delitto – o i nostri politici sono troppo orgogliosi ?

    Cordiali saluti

  • domenico riccio |

    si può raggiungere l’obiettivo che l’Europa ci chiede se risolviamo in maniera competente e completa il reddito minimo di cittadinanza. Una persona in età da lavoro in quanto cittadino attivo dovrà scegliere il lavoro più adatto, pena essere espulso da tale reddito. Aggiungo che se tale cittadino non si presenta per tre volte alle elezioni non potrà godere del diritto di cui sopra.

  • Luca Isoppi |

    Sarebbe interessante conoscere anche la percentuale di lavoratori rapportata al reddito, spesso esistono troppe differenze

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