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cronaca

QS World University Rankings, le performance degli atenei italiani negli ultimi 5 anni

Il 5 settembre è stata pubblicata la classifica 2016 QS World University Rankings che analizza le performance di 916 università di 81 Paesi su 3800 prese in esame. Se nelle prime cinque posizioni sono piazzati al comando gli istituti americani Mit (1), Stanford (2), Harvard (3) e California Institute of Technology (Caltech) (5) per trovare la prima università italiana bisogna scorrere al 183 posto con il Politecnico di Milano, seguito da Bologna (208) e la Sapienza di Roma al 223.
Anche se viene spesso criticata (il ranking globale si basa su sondaggi e prende in esame diversi criteri dalla quantità di risorse impiegate per l’insegnamento alla qualità della ricerca prodotta, dall’occupabilità dei laureati all’internazionalità dei professori e degli studenti)  la classifica è abbastanza impietosa nei confronti del nostro Paese. Gli unici atenei, su 28 citati, che sono riusciti dal 2012 a guadagnare posizioni negli ultimi 5 anni sono stati il Politecnico di Milano e quello di Torino. Per tutti gli altri un balzo all’indietro. A parziale consolazione anche la perdita di posizioni  di Francia, Germania e Gran Bretagna che paga (caro)  l’effetto brexit.
Ma quali sono le criticità del nostro apparato universitario?  Secondo Ben Sowter, responsabile ricerca di QS: “L’Italia esprime eccellenze accademiche riconosciute in tutto il mondo che vengono rilevate negli indicatori sulla reputazione e la ricerca.  Il risultato potrebbe essere superiore però se  l’investimento nella ricerca che ora costituisce solo 1.31% del PIL, rispetto alla media europea del 2%, fosse incrementato. In questo modo si vedrebbe aumentare la competitività del paese, si  favorirebbe il cambio generazionale tra i ricercatori e  si potrebbe mettere un freno alla emigrazione di giovani menti brillanti. Le università italiane non sono competitive anche nella proporzione tra docenti e studenti (la media è tra le peggiori al mondo).  Investendo più risorse nell’insegnamento universitario, migliorerebbe l’esperienza degli studenti e anche il punteggio nel QS World University Ranking”.
Criteri: ad ogni università viene assegnato un punteggio che segue un ordine progressivo fino alla  posizione 400. Da quel numero in poi gli atenei vengono raggruppati per decine (401-410 fino a 500) e a seguire con questo ordine 501-550, 551-600, 601-650, 651-700, fino alla posizione 701 (su 916) dove si trovano  raggruppati a “pari merito”  più  di duecento istituti universitari.

 
FONTE: QS TOP UNIVERSITIES 2016

Ultimi commenti
  • Giovanni |

    Non è molto corretto interpretare i dati del QS come avete fatto voi. Infatti il ranking si dovrebbe fare sulla base degli indirizzi di studio. Allora verrebbe fuori ad esempio che il Polimi è al 24° posto nel mondo fra le università ad indirizzo tecnologico appena superata dall’olandese Delft (19° posto) che ha però il vantaggio di essere finanziata per oltre il 90% da aziende private. Proprio quello che manca alle università italiane: finanziamenti alla ricerca sostenuta dalle grandi aziende e internazionalizzazione, sopratutto, del corpo docenti .

  • Giovanni |

    Non è molto corretto interpretare i dati del QS come avete fatto voi. Infatti il ranking si dovrebbe fare sulla base degli indirizzi di studio. Allora verrebbe fuori ad esempio che il Polimi è al 24° posto nel mondo fra le università ad indirizzo tecnologico appena superata dall’olandese Delft (19° posto) che ha però il vantaggio di essere finanziata per oltre il 90% da aziende private. Proprio quello che manca alle università italiane: finanziamenti alla ricerca sostenuta dalle grandi aziende e internazionalizzazione, sopratutto, del corpo docenti .

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