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cronaca

L’Italia non è in grado di attirare immigrati laureati

Che succede se si incrociano i dati relativi alla percentuale di cittadini europei laureati con quella degli extracomunitari con lo stesso titolo di studio? Succede che non emerge una correlazione, ovvero non necessariamente un paese con più laureati attira più immigrati che hanno concluso un percorso accademico, ma emerge un serio problema che riguarda il nostro paese. L’Italia è infatti la penultima nazione sia per cittadini laureati (il 24,5%, fa peggio solo la Romania, che però è la prima nazione per residenti non Ue laureati) che per extracomunitari con un titolo di studio equivalente (il 13,4%, va peggio solo in Grecia).

I dati sono aggiornati al 2020, li ha raccolti e diffusi Eurostat nei giorni scorsi. A livello generale, nell’Unione europa il 36,7% dei cittadini tra i 25 ed i 54 anni ha una laurea. Lo stesso si può dire per il 29,6% delle persone nate al di fuori dell’Ue e che ora invece vivono in uno degli stati membri. La nazione con la più alta percentuale di persone che hanno completato il ciclo di istruzione terziaria (così lo definisce l’istituto europeo di statistica) è Cipro, dove il 54,3% dei cittadini nella fascia di età considerata ha discusso una tesi. Mentre, come detto, è la Romania la nazione con la percentuale più alta di extracomunitari laureati, che rappresentano il 72,8% del totale.

Va anche detto che, sempre secondo Eurostat, a Bucarest i residenti che non sono cittadini dell’Unione sono circa 76mila, rappresentano cioè lo 0,4% della popolazione residente. In Italia, invece, sono il 5,9% della popolazione residente. In numeri assoluti, 3,5 milioni di persone, cui si aggiunge un ulteriore milione e mezzo di cittadini Ue immigrati nel nostro paese. Si potrebbe quindi pensare che in un paese con un’immigrazione limitata, che non viene visto insomma come una terra in cui cercare fortuna, sia più comune che si vadano a cercare all’estero figure con un alto titolo di studio che non si trovano in patria. Come detto, infatti, la Romania è l’ultimo paese europeo per percentuale di laureati. E che quindi quello italiano sia solo un problema di numeri.

Ma basta guardare al di là delle Alpi per essere smentiti. In Francia, dove in numeri assoluti la quantità di residenti non cittadini Ue è paragonabile a quella italiana, gli extracomunitari laureati rappresentano invece il 37,2%, ben otto punti sopra la media continentale. Insomma, il nostro paese non ha solo un problema di fuga di cervelli, i ricercatori italiani che cercano e molto spesso trovano fortuna all’estero. Ma ha anche serie difficoltà nell’intercettare cervelli che “fuggono” da altri paesi. E anche questo è un limite alla nostra competitività.

Ultimi commenti
  • Elena |

    Gli stipendi in Italia sono improponibili rispetto al costo della vita da almeno tre decenni prima che istituissero il reddito di cittadinanza, aiuto che tra l’altro è presente da ben più tempo in quasi tutta Europa, senza influire negativamente sulla questione stipendi. Poi se è più facile dare la colpa al reddito di cittadinanza…

  • Sergio |

    Ci sono almeno tre considerazioni da fare.
    La prima: la questione economica. Il paese non ha una grande attrattiva stipendiale commisurata al costo della vita. Qua abbiamo laureati che chiedono un contratto “sicuro” per poter fare i rider. Ricordo che fino a pochi anni fa un famoso politico andava dicendo (ed aveva pure ragione ahime) “Investite qui, gli italiani costano meno” e scriveva su una brochure: “Un ingegnere in Italia guadagna mediamente in un anno 38.500 euro, mentre in altri Paesi lo stesso profilo ha una retribuzione media di 48.500 euro l’anno”. Inutile sottolineare il palese contrasto con l’idea di voler attrarre laureati da fuori. (Per la cronaca io arrivo a 36.000).
    Seconda: la legislazione. Questi laureati cosa dovrebbero fare? Ricordo che abbiamo obblighi di legge da rispettare, non ultimo l’iscrizione a determinati albi per esercitare una professione e garantire un minimo di qualità (un minimo); senza contare poi che determinati titoli semplicemente non vengono riconosciuti. La Romania evidentemente deve essere di “bocca buona”.
    Terza: la lingua. In Italia in pochissimi parlano inglese (almeno B1), lasciamo stare il livello business. Per esperienza diretta, assisto mensilmente a scene tristissime dove nessuno dei dipendenti del mio cliente (un gruppo bancario tra i più famosi) è capace di discutere fluentemente in inglese con l’ingegnere indiano in videoconferenza, ovviamente l’indiano non parla una parola di italiano e anche questo è un problema; chi dall’estero sceglie di studiare l’italiano seriamente di solito o ha un interesse per la musica classica o sta cercando una relazione con un italiano.
    Ne aggiungo una quarta fuori tema… ma cosa vogliamo cercare di attrarre laureati in un paese che fa della “meritocrazia” la panacea di tutti i mali…

  • Giuseppe |

    Se l’Italia non riesce a trattenere neanche i propri laureati, non vedo come possa attrarne da altri paesi. Purtroppo, quando si vive in un paese in cui il primo articolo della costituzione è diventato: “L’Italia è una repubblica fondata sul volontariato”, si possono avere questi effetti collaterali. Io una soluzione al problema comunque ce l’avrei: aumentate gli stipendi. Sfortunatamente, però, questa soluzione risulta sgradita a molti dei nostri lungimiranti imprenditori e quindi la situazione rimarrà sempre così come è ora.

  • Alessandro |

    Certo finchè in Italia ci sono partiti come quelli di sinistra uniti con i M5S che preferiscono foraggiare i fannulloni chi ha voglia di lavorare se ne va all’estero e dall’estero sicuramente non vengono in Italia

  • stefano |

    Perche vivere e lavorare in europa in particolare in italia assolutamente controproducente e non solo per i laureati.

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