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cronaca

Brexit, e ora la Gran Bretagna teme la fuga delle startup


 

La Londra delle startup si è svegliata nella Brexit. E lo scenario non è dei migliori: i professionisti del settore temono battute d’arresto per hub cresciuto fino a essere eletto, dall’ultimo report Compass, come il sesto centro al mondo e il primo in Europa. Ad oggi l’innovazione londinese ha sfornato “unicorni” come Shazam (un miliardo di dollari) e Powa Technologies (2,7 miliardi di dollari), si espande a un ritmo medio del 3,3 per cento annuo e vale, sempre secondo Compass, una cifra compresa tra i 39 e i 49 miliardi di dollari nel 2015. Il divorzio da Bruxelles, osteggiato in maniera compatta proprio dagli elettori della City, può incrinare le fondamenta di quella che si era già accreditata come «capitale europea dell’innovazione». Cosa si rischia di perdere? Il primo nodo è, forse, il più sensibile: l’ingresso di professionisti stranieri. Compass stima che il 53% dei dipendenti del tech arrivi dall’estero, buona parte dei quali dall’Europa e dalle sue università più blasonate.  Il secondo nodo, la fuga degli investimenti, è una conseguenza naturale del clima di incertezza che ha fatto colare a picco la sterlina dopo i risultati del referendum. L’ipotesi di perdere un mercato unico da 500 milioni di persone e l’aumento di complicazioni burocratiche per il reclutamento di professionisti europei potrebbe frenare il circuito, finora efficiente, di capitali destinati all’innovazione. Londra ha attratto solo l’anno scorso oltre 2 miliardi di euro in investimenti di venture capital in startup, con finanziamenti Series A per una media dell’equivalente di 7-7,5 milioni di dollari (Compass) nel 2014.
Articolo uscito sul Sole 24 Ore del 1 luglio 2016 a pagina 35