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cronaca

Alcolici, gli italiani bevono meno. Ma bevono peggio.

Un bicchiere di vino a pasto che “fa sangue”. Così dicevano le nonne, ma la fotografia scattata dall’Istat nel rapporto “L’uso e l’abuso di alcolici” racconta di un’Italia che ha cambiato abitudini. Un Paese dove da un lato si riducono i consumi, mentre dall’altro crescere la pratica del binge drinking, ovvero dell’assunzione smodata di alcolici.

 
Intanto la buona notizia, almeno per il sistema sanitario nazionale e non certo per i produttori di vino: in Italia si beve meno. Dal 2005 ad oggi è calata la percentuale di coloro che affermano di assumere alcolici quotidianamente mentre aumenta, soprattutto nella fascia tra i 18 ed i 44 anni, la percentuale di coloro che ammettono di bere lontano dai pasti. Che sia l’aperitivo piuttosto che la birretta al pub dopo cena, si tratta di un’abitudine che riguarda due persone su cinque.
 
Ora, è vero che il vino continua ad essere la bevanda preferita dagli italiani (la sceglie il 52,2% di chi assume alcolici contro il 46,4% della birra ed il 42,1% di aperitivi, amari e superalcolici), ma sono sempre meno le persone che bevono soltanto bianco e rosso. Sale, invece, la quota di coloro che aggiungono anche distillati e cocktail vari, in una percentuale che tra i 18 ed i 44 anni sfiora il 60%.
 
Ed è proprio in questa fascia di età che è più diffuso il binge drinking. Bere tanto in poco tempo, fino a stare male: nel 2015 lo ha fatto il 16,2% di chi ha tra i 20 ed i 24 anni, la parte di popolazione più esposta a questo tipo di comportamento. E ai rischi che porta con sé, non solo in termini di salute: a quest’età, infatti, si ha già la patente. Più in generale questa pratica, dopo un calo generalizzato nella prima metà degli anni Dieci, ha ricominciato a salire in ogni fascia d’età, seppur con percentuali differenti. Con l’eccezione dei ragazzi che hanno tra gli 11 ed i 15 anni che, da questo punto di vista, dimostrano di essere più maturi dei fratelli maggiori e dei genitori.
 
Esclusa la fascia di età tra i 18 ed i 24 anni, che si “lascia andare” al pub, è tra le mura domestiche che si verificano più frequentemente gli episodi di binge drinking. Che sia la propria o quella di altri, è a casa che si esagera con l’alcol, forse anche per una semplice ragione di costi. Interessante, dall’altro lato, notare come questa pratica cresca quanto più spesso si frequentano discoteche, concerti e manifestazioni sportive.
 
Così come colpisce il fatto che la tendenza a bere troppo in poco tempo cresca in parallelo con il titolo di studio. Limitandosi alla fascia tra i 25 ed i 44 anni, appena il 5,9% di chi ha la licenza elementare si ubriaca scientemente. Cosa che invece fa il 12,4% di chi ha un dottorato di ricerca. E che, anche solo per cultura generale, dovrebbe essere maggiormente consapevole dei rischi per la salute. Che viene compromessa anche da un altro aspetto: chi tende a praticare il binge drinking è spesso un fumatore se non addirittura un forte fumatore, aggiungendo così alle complicazioni legate ad un consumo eccessivo di alcolici gli effetti nefasti del fumo.
 
Infine, la mappa: quella che esce dal rapporto Istat è un’Italia spezzata in due, con il Nord da una parte e il Sud dall’altra. Questa volta, però, è il Mezzogiorno a sorridere. La regione più colpita dal fenomeno del binge drinking è il Trentino Alto-Adige, dove questa pratica ha interessato nel 2015 il 12,7% della popolazione, ovvero una persona ogni otto. Seguono la Sardegna con il 12,5 e la Valle d’Aosta con il 12,4%. In Campania, invece, solo il 3,6% dei residenti ha esagerato con gli alcolici. Il tasso di disoccupazione, da queste parti, sarà anche più alto, ma almeno non si “affoga” il dispiacere nell’alcol.