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Per Ocse troppi prestiti bancari non fanno bene al Pil

La crisi che ha colpito prima gli Stati Uniti e poi l’Eurozona non è, checché se ne dica, una crisi di debito pubblico. Basti osservare questo grafico della Banca centrale europea per capire quanto quella che è scoppiata nel 2008 nei Paesi della periferia dell’Eurozona sia stata una bolla del debito privato. Il debito pubblico è aumentato dopo (eclatanti i casi di Spagna e Irlanda) ma solo per ripianare i bagordi della finanza privata.

In sostanza si è prestato troppo e male aumentando la percentuale di debito privato in rapporto al PIl ben oltre il 100%. Il tempo passa ma il tema del peso dei prestiti bancari come opportunità di finanziare l’espansione economica resta aperto e delicato. Lo ha sollevato anche Catherine L. Mann, il nuovo capo economista dell’Ocse, nel suo primo intervento pubblico, corredato di paper e analisi.

Nel dettaglio, l’Ocse individua una serie di rischi per la crescita a lungo termine rappresentati da un eccessivo affidamento su prestiti bancari, rispetto ad altri tipi di finanziamento basati sul mercato, come le obbligazioni e azioni.

Secondo i dati dell’organizzazione che ha sede a Parigi al livello attuale di sviluppo finanziario, un’ulteriore espansione del credito bancario al settore privato rallenterebbe la crescita più che incrementarla nei Paesi Ocse. Un aumento del credito bancario del 10% del Pil, farebbe crescere dello 0,3% in meno il Pil che se si ricorresse ad altre fonti di finanziamento.

Molto più positivo per il ciclo economico generale sarebbe il ricorso da parte delle imprese alla quotazione in Borsa. L’Ocse stima che un aumento della capitalizzazione di Borsa del 10% del PIL è, farebbe crescere il Pil dello 0,2%.

Insomma, espansione finanziaria sì ma più diversificata, aumentando la quota di Borse e obbligazioni, e meno di ricorso al credito bancario. Occhio però al rischio bolla anche nelle azioni e nelle obbligazioni, come la storia non solo recente ci insegna. La parola d’ordine per chi cerca capitali dovrebbe essere “più equilibrio”. Attualmente – nell’economia in cui viviamo che si è trasformata nel corso degli ultimi 30 anni da wage based (basata sui salari) a debt based (basata sul debito) diversificare le fonti di accesso al credito è decisivo per ripristinare le condizioni per un sano sviluppo economico.