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economia

I dati aiutano a scoprire chi sarà il futuro Mark Zuckerberg?

Articolo originale su Nòva

Ogni tot mesi salta fuori il venture capitalist di turno a domandarsi se non esista un algoritmo o una formula matematica per valutare le chance di una azienda innovativa. Del resto, se un algoritmo può prevedere i risultati delle elezioni o descrivere l’evoluzione di un titolo a Wall Street perché non può stimare il successo commerciale di una startup? La retorica dei big data, si vocifera in Silicon Valley, sta producendo danni, tanto da considerare il mestiere dell’investitore professionale come un gioco di numeri. “.

L’approccio algoritmico 

Gli algoritmo saranno cuore e anima delle due diligence”, scrive Matt Oguz, managing partner di Palo Alto Venture Science. Anzi, rappresentano il solo modo di “eliminare” l’errore umano.  Secondo lui (e non è il solo)  la multi-factor analysis può essere la chiave per pesare e analizzare il comportamente delle startup alla luce di un mercato di riferimento. L’approccio insomma è volta a individuare le variabili che accompagnano lo sviluppo di una startup e inserirle all’interno di una matrice in grado di simulare i fattori compettitivi che condizionano un determinato mercato commerciale.  Nella pratica Oruz è convinto che sia solo una questione di tempo prima di arrivare all’algoritmo in grado di descrivere in modo coerente il comportamento di uno startup.  Ma, al tempo stesso, è altresì confidente che non esisterà una singola equazione. Come avviene per Wall Street prenderà piede un approccio algoritmico non alternativo che aiuterà il venture capital a strutturare l’analisi della startup in questione. In sostanza, l’equazione non dirà se la startup avrà o meno successo ma aiuterà l’investitore ad analizzare i punti di forza e le debolezze delle nuova azienda innovativa.

Questione di contesti. 

In effetti più dell’analisi della startup in sè è il contesto il problema di più difficile risoluzione. Per la prima volta abbiamo una quantità di dati sulle nuove aziende senza precedenti. Conosciamo il loro stato patrimoniale, il giro d’affari, possiamo misurare quasi in tempo reale come cambiano gli economics di una startup quando viene lasciata libera di navigare sul mercato.  Nonostante l’accesso più facile a queste informazioni finora il mestiere del venture capital non è diventato più semplice. Anzi. Studi recenti hanno calcolato come il 75% delle startup finanziate da un Vc hanno fatto un buco nell’acqua.  In passato i modelli multi-fattoriali sono stati criticati perché considerati spesso troppo semplicisitici. In realtà è solo perché si attribuiscono loro qualità che non hanno. Non sono strumenti di risoluzione di problemi ma metodi per analizzare materie complesse in modo più trasparente. Come riporta Techcrunch Simon French, professore di Information and Decision Sciences all’Univeristà di Warwick ha scritto nel suo libro  “Decision Theory: An Introduction to the Mathematics of Rationality”

Decision analysis has been berated because it supposedly applies simplistic ideas to complex problems, usurping decision makers and prescribing choice. Yet I believe it does nothing of this sort. I believe that decision analysis is a very delicate, subtle tool that helps decision makers explore and come to understand their beliefs and preferences in the context of a particular problem. …There is no prescription, only the provision of a framework in which to think and communicate.

Il venture capital non è un gioco di numeri.  E’ anche un gioco di numeri.