The first column panel shows the ensemble mean of water stress for the pre-industrial period (1850–1899), which is considered as the baseline period, the second column panel for the near future (2020–2050), and the third column panel for the far future (2070–2100). a–c Present the Standardized Precipitation-Evapotranspiration Index (SPEI48), indicating long-term climatic water balance at a 48-month timescale. d–f Show the Standardized River Flow Index (SRFI48), capturing hydrological drought conditions at a 48-month timescale. g–i Depict the Standardized Water Scarcity Index (SWSI48), reflecting the ratio of total water supply to total water consumption at a 48-month timescale. Each panel represents the ensemble mean, illustrating the spatial pattern and severity of compound water stress indicators over time. Negative values of SPEI48 and SRFI48 indicate increasingly dry conditions, while lower SWSI48 values (i.e., supply-to-demand ratios below normal) signal intensifying water scarcity driven by growing demand. Together, these projections reveal areas at high risk of compound, long-term water stress under future climate and socio-economic scenarios.
Tre quarti del pianeta, il 74%, rischiano di affrontare scarsità d’acqua entro il 2100. È quanto emerge da uno studio guidato da Christian Franzke dell’Università Nazionale di Busan, pubblicato su Nature Communications.
I primi segnali potrebbero arrivare già entro il 2030 in alcune aree del Mediterraneo, dell’Africa meridionale e del Nord America. La combinazione di meno pioggia e neve e temperature in crescita riduce la portata dei fiumi e le riserve idriche. In Italia abbiamo avuto un assaggio nel 2022, con il Po ridotto ai minimi storici. In Sudafrica, Città del Capo ha vissuto cinque anni di crisi idrica, con la prospettiva concreta di arrivare al “Day Zero”, il giorno in cui i rubinetti sarebbero rimasti a secco.
Il punto è che gli effetti sono noti, ma il “quando” e il “dove” rimangono difficili da prevedere. Questo rende complessa la pianificazione di politiche di prevenzione.
a Spatial distribution of the total population exposure at the ToFE of DZD across the global DZD-prone regions. The color scale indicates the total population (urban and rural) exposed when DZD first emerges in each grid cell. b Global distribution of the Global Warming Level (GWL, in °C above preindustrial) corresponding to the ToFE of DZD, providing insight into the warming levels associated with the onset of DZD events. c Circular diagram illustrating the rural, urban, and total population exposure to DZD at the ToFE, spanning the period from 1900 to 2100. d Regional distribution of rural, urban, and total populations affected by DZD, computed as the sum of exposed respective rural, urban, and total population within each regional hotspot (demarcated black box in a) at their respective ToFE. e Distribution of population exposure relative to the GWL at ToFE. Radar plots c–e emphasize the relative contributions of rural and urban populations to total exposure, highlighting disparities in vulnerability and exposure across both time and regions.
Il gruppo di Franzke ha usato modelli climatici globali per stimare la probabilità delle crisi idriche. La mappa ottenuta è chiara: senza riduzioni delle emissioni di CO₂, entro la fine del secolo il 74% del pianeta sarà esposto a siccità gravi e persistenti, incluse aree oggi considerate relativamente sicure perché dotate di grandi bacini idrici.
Le zone più vulnerabili restano il Mediterraneo, l’Africa meridionale e parte del Nord America. I ricercatori stimano che 750 milioni di persone saranno coinvolte, di cui 470 milioni nelle città e 290 milioni nelle campagne. In pratica, una popolazione pari a quella dell’Unione Europea più gli Stati Uniti messi insieme.
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