Stando a quanto emerge dall’ultima Relazione annuale sulle convalide delle dimissioni e risoluzioni consensuali delle lavoratrici madri e dei lavoratori padri, la fase più critica per restare nel mercato del lavoro per le donne continua ad essere il primo anno dalla nascita del figlio. Il dato che rimane costante è la prevalenza di coppie con un figlio e l’età del figlio sino ad 1 anno – limite entro cui, per norma, vige il divieto di licenziamento. Nel 2024 si sono contate 60.756 convalide, e 7 su 10 69,5% si riferiscono a donne. Ma attenzione: nelle fasce più giovani, quelle in cui nella maggior parte dei casi si diventa mamme, le donne rappresentano l’80-85% delle dimissioni totali. Il dato del 30% degli uomini dimissionari è dovuto prevalentemente alle fasce d’età più elevate. Il 56% delle convalide di dimissione volontaria sono rese a genitori con un figlio.
Chiaramente a pagare il prezzo sono le donne con mansioni meno qualificate: operaie e impiegate, che presumibilmente hanno meno mezzi per far fronte alle eventuali spese per la gestione dei figli fuori dall’orario di scuola, asili nido e centri estivi. Nel 2024 hanno lasciato il lavoro 22 mila impiegate e 16 mila operaie, contro 700 donne quadro e 450 dirigenti.
Gestire l’estate di un figlio con meno di 3 anni è ancora un problema enorme.
Il 60% delle strutture esaminate dall’ultimo rapporto sui servizi per l’infanzia curato dall’Istat insieme al Centro Governance & Social Innovation dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, rimane chiusa per tutta l’estate, e il resto propone solo qualche settimana eventualmente fino a fine luglio. Per questa fascia d’età sono esigui i servizi di centri estivi, con il risultato che i genitori che lavorano sono costretti a peripezie nel giostrare ferie (che solitamente sono 2-3 settimane estive al massimo), eventuali nonni e aiuti privati a pagamento.
Questa tendenza varia in modo significativo a seconda dell’area geografica e della tipologia di gestione. Nei servizi pubblici del Mezzogiorno, così come nei privati del Centro Italia, la quota di chi non organizza attività estive raggiunge rispettivamente il 75,8% e il 72,8%. Situazione diversa si osserva invece al Nord, dove i servizi pubblici che non offrono alcuna proposta estiva scendono al 45,4%.
Anche la tipologia di servizio incide: i nidi d’infanzia sono meno propensi a offrire attività estive (62,3% non le prevede), mentre le sezioni primavera mostrano una maggiore apertura, con una quota di inattività ridotta al 47,9%. Le differenze si fanno notare anche sul piano gestionale: tra i nidi a gestione pubblica indiretta, il 62,2% non offre attività estive, mentre nelle strutture a gestione pubblica diretta questa percentuale si riduce al 46%.
Tra i servizi che invece propongono attività durante l’estate, la modalità più frequente è quella in cui le iniziative vengono organizzate esclusivamente dall’unità di offerta e sono rivolte solo ai bambini già iscritti. Questa formula riguarda il 19,9% dei servizi, con punte di circa il 25% nel Nord, sia nel pubblico che nel privato, così come nei servizi pubblici del Centro e in quelli a gestione pubblica diretta.
Un dato interessante riguarda il Mezzogiorno privato, dove ben il 19% dei servizi offre attività estive interne aperte anche ai bambini non iscritti, un’apertura meno comune altrove. Quando le attività sono organizzate in collaborazione con altri servizi e rivolte a tutti i bambini, emergono ulteriori differenze: nel Mezzogiorno privato ciò avviene nel 10,6% dei casi, mentre nel pubblico la percentuale si ferma al 5,8%. Un distacco simile si registra tra le sezioni primavera (11,3%) e i nidi (4,3%).
Esistono poi realtà che attivano attività estive in collaborazione con altre unità, ma limitandole ai soli iscritti. In questo caso spiccano i servizi pubblici del Nord (23,4%), a fronte di percentuali molto più basse nel Nord privato, dove il fenomeno risulta marginale. Anche tra i servizi a gestione pubblica diretta si rileva una presenza significativa (16,6%), mentre le altre modalità di gestione non superano mai il 4%.
Per approfondire.
Asili nido: serve flessibilità di orari, ma pochi la prevedono. Parte 3
Asili nido: Il 35% dei bambini riceve il bonus asilo nido – Parte 2