Il Piano nazionale per la famiglia 2025-2027 sottolinea con chiarezza quanto sia importante promuovere orari lavorativi flessibili, soprattutto per chi deve occuparsi di figli piccoli o familiari anziani. Tuttavia, nei servizi per la prima infanzia, questa flessibilità è ancora poco diffusa, come evidenzia l’ultimo rapporto di Istat in collaborazione con l’Università Ca’ Foscari di Venezia, che stiamo raccontando a puntate su Infodata.
Attualmente , oltre la metà dei servizi educativi per l’infanzia (58,8%) è aperta tra le 7 e le 9 ore al giorno, il il 31,8% è aperto per più di 9 ore e meno di uno su dieci offre un’apertura inferiore alle 7 ore giornaliere. Guardando ai territori, nel Mezzogiorno – sia nei servizi pubblici che in quelli privati – le strutture con orari più brevi (fino a 7 ore) sono molto più frequenti rispetto al resto del Paese: nel Nord e Centro Italia si attestano sotto il 5%, mentre al Sud si arriva fino al 28-31%, a seconda della gestione.
Le differenze emergono anche tra le diverse tipologie di servizi. Nelle sezioni primavera, il 70,8% dei servizi è aperto tra le 7 e le 9 ore, il 19,9% fino a 7 ore, mentre solo il 9,3% supera le 9 ore. Nei nidi, invece, le aperture oltre le 9 ore sono più comuni (38,7%), mentre quelle fino a 7 ore sono decisamente meno frequenti (6,1%). L’apertura intermedia (7-9 ore) riguarda poco più di un servizio su due.
Per quanto riguarda i giorni di apertura, la quasi totalità dei servizi (91,1%) è operativa dal lunedì al venerdì. Solo l’8,7% include anche il sabato, mentre l’apertura per tutta la settimana resta un’eccezione. In questo quadro, il Mezzogiorno si distingue ancora una volta: qui è più comune trovare servizi attivi anche il sabato, soprattutto nel settore privato, dove oltre un terzo delle strutture offre questa possibilità. Al contrario, nel Centro Italia la quota scende al 2,2% e nel Nord è quasi nulla.
Solo la metà delle strutture prevede un pre o post nido
Il pre e post nido rappresenta un aiuto concreto per le famiglie, offrendo accoglienza prima e dopo l’orario educativo standard. Nell’anno scolastico 2022-2023, il 56,5% dei nidi ha previsto questo servizio. Tuttavia, solo il 57% delle strutture prevede questa possibilità.
Anche qui si registrano differenze territoriali e gestionali: il servizio è più frequente nel Nord e nelle sezioni primavera, dove circa il 70% delle strutture lo offre. Nel Mezzogiorno, invece, la situazione è più frammentata: nei servizi pubblici solo il 18,6% attiva il pre e post nido, mentre nei privati si supera il 50%.
Flessibilità: ancora un miraggio
Nel 70,3% dei servizi è prevista una “flessibilità strutturata”, ovvero entrata e uscita consentite all’interno di fasce orarie prestabilite. Solo il 10% circa dei servizi adotta una flessibilità totale, con accesso libero a qualsiasi ora. Le altre modalità sono molto meno frequenti: rigidità oraria (7,7%), flessibilità parziale (6,9%) e flessibilità mista (5,4%).
È stato inoltre chiesto ai responsabili dei servizi se le famiglie potessero scegliere tra diverse modalità di frequenza. Il 75,4% offre questa possibilità, mentre il restante 24,6% prevede un’unica formula, definita sulla base degli orari di apertura. Tra le opzioni aggiuntive, la più comune è il part-time (mattina o pomeriggio con pranzo), disponibile in oltre il 90% dei servizi che prevedono più modalità, con l’unica eccezione del Mezzogiorno dove comunque supera l’85%.
L’opzione del tempo prolungato (oltre le 9 ore) è presente in oltre il 60% dei servizi nel Nord, Centro e nelle sezioni primavera, ma si ferma al 46,7% nel Mezzogiorno.
Infine, la possibilità di frequentare solo alcuni giorni della settimana è più frequente al Nord (24,4%), rispetto al 15,9% del Mezzogiorno e al 7,8% del Centro. Questa modalità è inoltre più diffusa nei servizi privati (22,5%) rispetto a quelli pubblici (12,7%).
Per approfondire.
Asili nido: Il 35% dei bambini riceve il bonus asilo nido – Parte 2