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scienze

Fertilità: sì, l’inquinamento incide sul ciclo mestruale. Il primo grande studio.

Il ciclo mestruale nonostante siano una componente fondamentale della salute e della vita di miliardi di persone, resta ancora oggi un tema spesso trascurato nella ricerca scientifica. È raro che le mestruazioni vengano considerate nella ricerca epidemiologica ambientale, e ancora più raro che si indaghino i potenziali effetti di inquinanti atmosferici sulla salute del ciclo mestruale. In questo contesto, uno studio recente pubblicato nientemeno che su The Lancet Planetary Health e condotto su una vasta coorte internazionale di utenti dell’app Clue – una piattaforma digitale per il monitoraggio mestruale – ha esaminato, per la prima volta, l’associazione tra l’esposizione al particolato fine (PM2.5) e la regolarità del ciclo mestruale.

Ebbene sì: esiste una correlazione fra l’esposizione a lungo termine ad elevati livelli di inquinamento da PM 2.5 e l’avere cicli mestruali irregolari, ad esempio molto lunghi, superiori cioè a 38 giorni, con un incremento relativo del rischio per ogni aumento di 5 µg/m³ di PM2.5. Al contrario, non è stata rilevata alcuna associazione significativa tra esposizione a breve termine e durata anomala del ciclo, il che potrebbe riflettere una maggiore resilienza biologica agli stress acuti o, più probabilmente, una limitazione dovuta alla risoluzione temporale e spaziale dei dati di esposizione.

Sono state incluse partecipanti di età compresa tra i 18 e i 44 anni, che non utilizzavano contraccettivi ormonali e risiedevano in una delle 230 città selezionate negli Stati Uniti, in Messico o in Brasile, e sono state considerate sia l’esposizione ai particolati a breve termine, su base mensile per ciascun ciclo, sia quella a lungo termine, cioè la media annua a livello cittadino. Le concentrazioni di PM2.5 sono state stimate attraverso modelli basati su dati satellitari, con una risoluzione spaziale cittadina.

Perché l’inquinamento incide sulla fertilità?

I meccanismi biologici ipotizzati sono coerenti con la fisiologia riproduttiva: l’inquinamento atmosferico potrebbe interferire con la produzione di estradiolo, alterando l’assorbimento del colesterolo nelle cellule della teca, l’attività dell’aromatasi o la funzione delle cellule della granulosa, tutte essenziali per lo sviluppo del follicolo dominante e l’ovulazione. Inoltre, il PM2.5 potrebbe disturbare la segnalazione ormonale a livello dell’asse ipotalamo-ipofisi-ovaio, oppure accelerare la degradazione del corpo luteo, compromettendo la produzione di progesterone e causando una fase luteale abbreviata. Questo può contribuire sia a irregolarità del ciclo che a disfunzioni nella preparazione dell’endometrio per una possibile gravidanza.

Come sono i cicli mestruali oggi? I dati

Di studi seri ce ne sono davvero pochi su questo argomento. Alla fine del 2022 la prestigiosa
Scuola di Salute Pubblica T.H. Chan di Harvard ha pubblicato i risultati dell’Apple Women’s Health Study (AWHS), che aveva lo scopo di determinare in che modo la lunghezza e la regolarità del ciclo mestruale cambino nel corso della vita e siano influenzate da fattori come età, peso corporeo, razza ed etnia. Condotto attraverso l’app Apple Research, appunto, lo studio raccoglie dati volontari da partecipanti che monitorano il proprio ciclo mestruale e rispondono a questionari su vari aspetti della salute e dello stile di vita. L’obiettivo principale è analizzare come età, peso corporeo (espresso in indice di massa corporea o BMI), razza ed etnia influenzino la durata e la regolarità del ciclo mestruale, considerato da tempo un indicatore chiave della salute generale.
A novembre 2022, erano stati analizzati 165.668 cicli mestruali registrati tra novembre 2017 e dicembre 2021 da 12.608 partecipanti che non avevano segnalato una diagnosi di sindrome dell’ovaio policistico, fibromi uterini, isterectomia o uso attuale di ormoni.
In media, la lunghezza del ciclo tra tutte le partecipanti era di 28,7 giorni, in linea con quanto osservato in precedenti studi. Tuttavia, sono emerse variazioni significative in base all’età: i cicli erano più lunghi nei soggetti sotto i 20 anni (in media 30,3 giorni) e in quelli sopra i 50 anni (30,8 giorni), mentre i cicli più brevi si registravano nella fascia d’età 40–44 anni (28,2 giorni) e 45–49 anni (28,4 giorni). Le partecipanti tra i 35 e i 39 anni presentavano il ciclo medio più vicino al valore generale, con 28,7 giorni.

La variabilità del ciclo, ovvero quanto la durata del ciclo fluttua da un mese all’altro, si è dimostrata anch’essa legata all’età. Le partecipanti più giovani (sotto i 20 anni) avevano una variabilità media di 5,3 giorni, mentre quelle tra i 35 e i 39 anni mostravano la minore variabilità (3,8 giorni). Con l’avanzare dell’età oltre i 40 anni, la variabilità aumentava progressivamente, fino a raggiungere in media 11,2 giorni per le partecipanti oltre i 50 anni. Questi risultati sono coerenti con la fisiologia del ciclo mestruale: l’irregolarità è comune nei primi anni dopo il menarca a causa dell’immaturità del sistema riproduttivo, tende a stabilizzarsi nei decenni centrali della vita, e diventa di nuovo irregolare in prossimità della menopausa (che negli Stati Uniti si verifica mediamente intorno ai 52 anni), fase caratterizzata da cicli molto lunghi e irregolari.

Come cambia il ciclo mestruale a seconda del peso e dell’etnia?

Un altro fattore determinante è risultato essere il BMI. Rispetto alle partecipanti con BMI nel range considerato sano (18,5–24,9 kg/m²), quelle con BMI più elevati tendevano ad avere cicli più lunghi e irregolari. In particolare, le donne con BMI tra 30–34,9 kg/m² avevano cicli medi di 29,4 giorni con una variabilità di 5,1 giorni; quelle con BMI tra 35–39,9 kg/m² registravano cicli di 29,6 giorni e variabilità di 4,8 giorni; infine, chi aveva un BMI superiore a 40 kg/m² presentava cicli di 30,4 giorni, con 5,4 giorni di variabilità. Le donne con BMI sano, invece, avevano cicli medi di 28,9 giorni, con 4,6 giorni di variabilità. Questi dati evidenziano un chiaro legame tra obesità e irregolarità del ciclo mestruale, in linea con le conoscenze cliniche che associano il peso corporeo a disfunzioni ormonali e metaboliche.

Non da ultimo, anche le differenze etniche hanno rivelato tendenze interessanti. Rispetto alle partecipanti caucasiche non ispaniche, le donne asiatiche e ispaniche avevano cicli mestruali più lunghi e più variabili, mentre le partecipanti di etnia afroamericana mostravano valori simili alle caucasiche sia in termini di durata che di regolarità. Questi dati sottolineano l’importanza di considerare l’appartenenza etnica nei protocolli clinici, per offrire cure più personalizzate e culturalmente appropriate.

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