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cronaca

Anche gli ospedali italiani usano l’IA per migliorare le diagnosi

 

Come abbiamo raccontato su Infodata, l’Intelligenza Artificiale è già presente nella quotidianità di alcuni reparti ospedalieri, in particolare nell’ambito della radiologia diagnostica per immagini.
Sistemi che permettono di individuare lesioni, noduli o fratture con precisione almeno pari a quella di un radiologo d’esperienza. Questo perché riescono a immagazzinare moltissime informazioni da moltissimi referti e a “imparare” come meglio leggere un esame.

Ci facciamo raccontare da Andrea Laghi, radiologo, come stanno lavorando all’Ospedale Universitario Sant’Andrea di Roma.

Da giugno 2022 nel pronto soccorso del nostro ospedale usiamo un software per individuare autonomamente le fratture che possono facilmente sfuggire all’occhio – magari stanco a fine turno – del radiologo” spiega Laghi. Funziona così: ogni immagine di un caso che arriva al pronto soccorso viene inviata a un sistema esterno di machine learning che la processa e in due minuti è in grado di dire se vi è o meno la presenza di una piccola frattura nell’immagine. Questo perché l’algoritmo è stato addestrato su un dataset di innumerevoli tipi di fratture. Si tratta di una prelettura che il radiologo deve poi eventualmente confermare. “Non viene certo meno il lavoro del radiologo, qui il paradigma è quello di un’intelligenza artificiale a supporto del medico, non per sostituirsi a lui”. Il sistema serve a sopperire la distrazione del radiologo, segnalando le immagini dove con buona probabilità è presente una frattura, di modo che lo specialista porti lì l’attenzione “Attualmente abbiamo raccolto dati su oltre 8000 casi, che evidenziano che la sensibilità dell’algoritmo è simile a quella del radiologo e soprattutto che i casi in cui il radiologo ha sbagliato e il software invece no sono quasi tutti casi arrivati di notte in pronto soccorso, quando cioè lo specialista tende a essere più stanco”.

Esistono anche altri sistemi di IA già operativi negli ospedali italiani. Sempre al Sant’Andrea vengono già utilizzati macchinari di ultima generazione per Risonanze Magnetiche e TAC basate su sistemi di intelligenza artificiale in grado di accorciare il tempo di acquisizione nel caso della Risonanza Magnetica e ridurre l’esposizione alle radiazioni nel caso della TAC. La risonanza magnetica è solitamente un esame che richiede molto tempo, per ottenere un’immagine dettagliata. “Con questi nuovi algoritmi il tempo per l’esame si riduce anche del 50% mantenendo la stessa qualità dell’immagine e questo ci permette di acquisire più esami in una stessa giornata, accorciando le liste d’attesa” spiega Laghi.
Rispetto alla TAC il problema è la dose di radiazioni che investe il paziente. Con nuovi sistemi di IA vengono acquisite immagini con il 60% in meno di radiazioni, perché il sistema è in grado di compensare il “rumore” con nuovi algoritmi. Chiaramente queste applicazioni per essere utilizzate richiedono la presenza di macchine di ultima generazione; non è sufficiente acquistare la app se i macchinari non sono aggiornati.

Altri software già presenti sul mercato che possono aiutare la quotidianità del medico riguardano lo stroke acuto, la diagnostica delle patologie polmonari tumorali e non, la valutazione dell’età ossea, oltre a molti altri in fase avanzata di sperimentazione.

Ma funziona davvero?

Dipende. “Non tutti i dispositivi medici sono uguali – spiega Laghi – alcuni funzionano meglio e altri peggio. Un conto poi sono i dati dei trial clinici e un conto il real world, oltre al fatto che grossa parte degli studi condotti dai produttori di questi software non sono costruiti in maniera solidissima dal punto di vista scientifico. “Io vedo un forte sviluppo futuro dei prodotti che rispondono a task molto semplici – frattura si o frattura no – e che aiutino il medico sovraccarico di lavoro a non fare errori di distrazione” prosegue Laghi. Sui sistemi più complessi nutro invece molti più dubbi, rispetto al fatto che nel breve periodo possano essere certificati. In Europa non è semplice per un sistema farsi accreditare come Dispositivo Medico (DM). Negli Stati Uniti le cose sono più semplici (700 DM registrati a ottobre 2023) ed esiste un registro ufficiale, che invece in Europa latita. “Nel 2022 è entrato in vigore un nuovo regolamento sui DM che ha reso più difficile la registrazione di sistemi che non presentino studi con risultati di sicurezza ed efficacia solidi ”Anche perché nel caso di un paziente oncologico esaminato da un board multidisciplinare, il software non potrà mai abbracciare tutta la complessità delle dinamiche cliniche dei singoli pazienti che sono personalizzate e vanno discusse una a una”.

Quanto costa tutto questo?

La domanda per eccellenza è se sistemi come questi sono davvero accessibili a tutti gli ospedali oggi. Attualmente il sistema raccontato da Laghi costa qualche migliaio di euro all’anno. Il conto della serva ci fa immaginare che estendendo l’uso anche solo di un sistema come questo a ogni reparto, il costo diventa un problema. “Oltre al fatto che tutta la parte di software andrebbe gestita da un processo di Health Technology Assessment (HTA) aziendale che dovrebbe eseguire un’analisi costi beneficio per capire cosa conviene fare. Ma non ci sono studi di assessment su questo aspetto a mia conoscenza” conclude Laghi.
In realtà il mercato si sta muovendo molto velocemente e non possiamo non tenere conto che il mondo finanziario sta spingendo per l’introduzione di questi sistemi di Ia in tutti i settori. Non è così remoto pensare che già nei prossimi anni, in seguito alle negoziazioni europee sull’Intelligenza Artificiale, i prezzi potrebbero abbassarsi a tal punto da permettere a chiunque di utilizzare software di IA, con la stessa facilità con cui oggi possiamo quasi gratuitamente usare ChatGPT e similari, che pure hanno un costo energetico elevatissimo, ammortizzato dalla finanza.

Le tre immagini sono state ottenute con Dall-E3