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economia

Gli immigrati in Italia generano il 9% del Prodotto interno lordo

Vale 154 miliardi, ovvero il 9% del totale, il prodotto interno lordo generato dai lavoratori immigrati in Italia. Il dato è contenuto nel Rapporto annuale 2023 sull’economia dell’Immigrazione, curato dalla Fondazione Leone Moressa e presentato oggi al Viminale e alla Camera dei Deputati. Una somma frutto del lavoro di 2,4 milioni di lavoratori (il 58,3% dei quali uomini), che rappresentano il 10,3% del totale degli occupati nel nostro paese.

Il settore in cui il valore aggiunto generato da persone nate all’estero è più alto è l’agricoltura, dove arriva al 15,7%. Seguono le costruzioni con il 14,5%, il settore alberghiero e della ristorazione con l’11,8% e la manifattura con il 10,4%. Al di sotto della media i servizi (7,9%) e il commercio (7,5%). La distribuzione geografica del valore aggiunto dice che la prima regione è la Lombardia, dove il Pil generato dai lavoratori immigrati è stato pari a 37,6 miliardi di euro, sostanzialmente un quarto del totale.

Mentre, se si guarda alla specializzazione, i lavoratori stranieri rappresentano il 28,9% del personale non qualificato, il 14,2% degli operai e degli artigiani e il 9,9% degli impiegati nel commercio e nei servizi. Nelle professioni qualificate e tecniche, invece, appena il 2,5% degli occupati è nato all’estero. Segno che o l’Italia non riesce ad attirare immigrati con un’alta specializzazione o non è in grado di valorizzarne le capacità.

La presenza di lavoratori nati all’estero ha ovviamente anche un impatto a livello fiscale. Sono in totale 4,3 milioni i contribuenti immigrati, che nel 2022 hanno dichiarato redditi per 64 miliardi di euro e versato 9,6 miliardi di Irpef. Anche in questo caso, a primeggiare è la Lombardia con 2,5 miliardi, più di un quarto del totale. Tra questi contribuenti ci sono anche oltre 760mila imprenditori, che hanno trovato nel nostro paese le condizioni per avviare la loro attività.

La mappa rappresenta l’incidenza degli imprenditori nati all’estero sul totale di quelli attivi a livello provinciale. A fronte di una media italiana del 10,1%, i territori colorati in arancione sono quelli con un valore inferiore, quelli in azzurro, invece, presentano un valore superiore. Il record spetta alla provincia di Prato, dove il 25,6% degli imprenditori è nato all’estero.

Più in generale, i valori sono superiori alla media in Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia e in parte di Toscana, Piemonte, Lombardia e Abruzzo, oltre che in Alto Adige. Al centro Sud fanno eccezione le province di Roma (14,6%), Caserta (11,8%) e Lecce (11,3%). Per il resto, i valori sono tutti al di sotto della media. Quello più basso si registra a Bari, dove gli imprenditori nati fuori dall’Italia sono appena il 3,8%. Non ci sono dati per le provincie di Barletta, Andria e Trani e per il Sud Sardegna.

Per le casse dello Stato il saldo della presenza di questi lavoratori e imprenditori stranieri è positivo per 1,8 miliardi. A fronte di costi per 27,4 miliardi, dovuti soprattutto a previdenza (8,4 miliardi), sanità (6,4) e istruzione (6,3), gli occupati nati all’estero generano entrate pari a 29,2 miliardi, la metà dei quali (15,9) riguardano contributi previdenziali.

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