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Anziani. I numeri delle RSA e dell’assistenza domiciliare dopo l’emergenza pandemica

Nel 2022 il 2,6% degli over 65 ha usufruito di un servizio residenziale all’interno di una RSA e un altro 3,2% ha ricevuto Assistenza Domiciliare Integrata (ADI). Se consideriamo gli over 75 siamo rispettivamente al 4,6% e al 5,3% di persone che sono state assistite. Numeri in forte crescita negli ultimi anni.

Durante la pandemia e anche dopo, per tutto il 2022, il numero di persone accolte in strutture residenziali è fortemente aumentato, così come è cresciuto il numero di over 65 assistiti in ADI . Dal 2017 al 2022 siamo passati dalle 296 mila persone con oltre 65 anni residenti in RSA alle 362 mila, con un boom proprio negli ultimi due anni post pandemia. Già nel 2021 si registravano 325.032 anziani over 65 che avevano avuto almeno un episodio di permanenza in RSA nell’arco dell’anno. In altre parole nel 2022 il 2,5% degli anziani con almeno 65 anni e il 4,6% degli over 75 ha avuto almeno un ricovero in RSA.

 

 

Chiaramente dipende da quale regione consideriamo. Le variazioni tra le diverse aree sono significative, con un gap nord-sud in termini di posti letto imbarazzate: nel 2022, le regioni che hanno registrato la maggiore presenza di over 65 assistiti in istituti residenziali sono state la Provincia Autonoma di Trento (l’8,7% della popolazione anziana assistita), il Piemonte (il 4,8%), la Lombardia (il 4,3%), il Veneto (4,1%) e la Provincia Autonoma di Bolzano (3,9%). Dal lato opposto della classifica, le regioni del Meridione presentano tassi di assistenza residenziale ben al di sotto dell’1%: la Campania con lo 0,3%, la Basilicata e il Molise con lo 0,5% ciascuna, la Sicilia con lo 0,8% e la Puglia con lo 0,9%.

Sono i dati dell’ultimo rapporto “I numeri della Long-term care” di Italia Longeva – Associazione Nazionale per l’Invecchiamento e la Longevità Attiva – l’organizzazione senza fini di lucro istituita nel 2011 dal Ministero della Salute con la Regione Marche e l’IRCCS INRCA. L’aggiornamento più recente di questi dati proviene dalla Direzione Generale per la Digitalizzazione, il Sistema Informativo Sanitario e la Statistica del Ministero della Salute. Per quanto riguarda il monitoraggio dell’assistenza domiciliare, i dati pertinenti sono stati raccolti attraverso il SIAD, il Sistema Informativo per l’Assistenza Domiciliare.

 

 

 

A differenza dell’approccio sanitario adottato da gran parte delle nazioni europee, che tendono ad enfatizzare la domiciliarità come luogo privilegiato per l’assistenza sanitaria, l’Italia ha mostrato una tendenza all’incremento del numero di anziani accolti nelle Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA). Questa tendenza si è accentuata in particolar modo durante gli ultimi due anni.

Il semiresidenziale

Un’altra soluzione è il semi-residenziale, che prevede che il paziente venga assistito per un numero definito di ore all’interno di strutture dedicate, permettendo così di garantire una gestione ottimale dei propri bisogni sanitari mantenendo connessione con il proprio ambiente familiare, dove ritorna dopo le ore trascorse nella struttura di assistenza. Ad aver usufruito di questo tipo di servizi nel corso del 2022, sono stati 2,18 anziani èer mille, con significative variazioni regionali. In primis la Provincia Autonoma di Trento, che ha registrato un tasso di 7,5‰, seguita dalla Lombardia con 6,6‰, l’Emilia Romagna con 4,7‰, l’Umbria con 3,0‰, la Toscana con 2,1‰, e la Liguria con 2,0‰. I tassi più bassi sono stati rilevati dal Lazio e dalla Sicilia, entrambi con un tasso di 0,1‰, la Campania con 0,3‰, il Piemonte con 0,8‰, e il Friuli-Venezia Giulia con 1,1‰.

Gli anziani assistiti a casa

Sono comunque sempre di più gli anziani che usufruiscono dell’ADI, ossia di assistenza a casa. In otto anni, dal 2014 al 2022, siamo passati da 252 mila a 459 mila anziani over 65 destinatari dell’ADI, tra cui 383 mila ultrasettantacinquenni (erano 209 mila nel 2014). Una crescita che si era momentaneamente arrestata solo nel 2020. Come percentuali sulla popolazione, dieci anni fa era assistito in ADI l’1,9% degli over 65 e il 3,2 degli over 75, mentre oggi le percentuali sono salite rispettivamente a 3,2% e a 5,3%.
Anche qui le differenze regionali sono importanti, manifestando differenze tra le varie aree che possono eccedere un fattore dieci.
Chiaramente un confronto fra regioni va fatto sul sistema complessivo dei servizi. Il grafico mostra la percentuale di anziani sopra i 65 anni residenti in strutture RSA e coloro che ricevono cure domiciliari. In particolare, si può notare che entità come la Provincia Autonoma di Trento, il Piemonte e il Friuli-Venezia Giulia adottano un modello di long-term care che favorisce la cura degli anziani all’interno di strutture residenziali. Allo stesso tempo, si identificano aree come la Lombardia e la Provincia Autonoma di Bolzano, dove la percentuale di residenti in RSA e di anziani che usufruiscono di servizi ADI tende ad essere simile. In altre realtà predomina invece l’assistenza domiciliare, con una percentuale di anziani in RSA spesso minima. Tra queste, si segnalano la Sardegna, la Campania, la Puglia, il Lazio, la Basilicata, la Sicilia, il Molise e l’Abruzzo.

Osservando gli anni che precedono l’emergenza sanitaria, è evidente un aumento sostenuto delle prese in carico, inizialmente attenuato nel 2020 per la pandemia, ma ripreso già nel 2021. Nel 2022 si sono registrate 1.6 milioni di prese in carico rispetto alle 1.2 milioni del 2021, con 1.4 milioni di interventi rivolti specificamente alla fascia di popolazione over 65 (in aumento rispetto alle 1.006.446 del 2021). Le prese in carico sono di numero maggiore rispetto agli assistiti perché ogni anziano può essere preso in carico anche più di una volta in un anno.
Nel dettaglio, nell’arco del 2022, delle 1,4 milioni di prese in carico destinate agli individui di 65 anni o più, 284 mila casi presentavano il grado minimo di intensità assistenziale (CIA base), altri 255 mila erano inquadrati nel primo livello di CIA, 263 mila casi nel secondo livello, 36 mila nel terzo e 118 mila nel quarto. Nel 2022 sono aumentate sensibilmente anche le visite domiciliari di carattere episodico: 488 mila contro le 146 mila del 2021.

Questi servizi sono sufficienti?

A quanto ammonta la fragilità della popolazione? Sempre la ricerca di Longeva ha stimato che la prevalenza di una qualsiasi forma di fragilità era del 26% nel 2011, mentre oggi tocca il 40,6% della popolazione. Tra il 2014 e il 2021 si è assistito all’aumento della proporzione di persone affetta da ciascuna classe di fragilità e per tutte le fasce di eta. Nella fascia 50-59 si è registrato un cauto declino della proporzione di persone senza fragilità.
Ne parliamo nella prossima puntata.

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