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politica

Monitoraggio dei prezzi della benzina, ma perché non utilizzate gli open data?

Monitoraggi e controlli sui distributori per tenere sotto controllo i prezzi della benzina. Così il governo vuole contrastare gli effetti di quella che solo pochi giorni fa il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, in un’intervista a La Stampa, definiva “speculazione”. Detto che gli aumenti riflettono la decisione del governo di non prorogare lo sconto sulle accise introdotto nel marzo scorso dall’esecutivo Draghi, per tenere sotto controllo i prezzi dei carburanti non è necessario scomodare la Guardia di Finanza, il cui comandante generale Giuseppe Zafarana ha incontrato martedì la presidente Giorgia Meloni e il delegato all’Economia Giancarlo Giorgetti proprio per discutere di questi temi.

Basterebbe una telefonata al ministero delle Imprese e del Made in Italy, come si chiama il dicastero ora affidato ad Adolfo Urso, che i prezzi della benzina li pubblica ogni giorno. E per di più in formato aperto. Sì, gli open data: quelli che su queste colonne spesso sono stati chiesti ai governi che si sono succeduti in questi anni. Ad esempio quelli sulla pandemia da nuovo coronavirus. I dati aperti permetterebbero di tenere sotto controllo la situazione. O, alla peggio, di indirizzare a colpo sicuro gli uomini e le donne della Guardia di Finanza.

Un esempio concreto sta nella mappa che apre questo pezzo. In questi giorni, il Codacons ha lanciato l’allarme rispetto a distributori che farebbero pagare il gasolio 2,5 euro al litro. E quante sono queste pompe? Secondo il file caricato sul sito del ministero l’11 gennaio (e quindi aggiornato alle 8 del mattino del 10, ndr), 21 su un totale di 21.011. Arrotondando per eccesso, lo 0,1% del totale. Per capirlo, InfoData ha considerato il prezzo del semplice gasolio, escludendo quello alpino ma anche le diverse e più costose versioni del diesel che vengono proposte dalle compagnie petrolifere.

Non solo. Incrociando i dati dei prezzi alla pompa con l’anagrafica dei distributori, è stata anche in grado di rappresentarli su una mappa. La mappa, appunto, che apre questo pezzo. Nel computo rientrano 7 distributori posizionati lungo la rete autostradale e il prezzo di 2,5 euro, in 15 casi su 21, riguarda il caso in cui è il benzinaio ad occuparsi di fare il pieno. In altri tre il prezzo è così alto anche se si fa da sé, in altrettanti resta sopra la soglia denunciata dall’associazione di consumatori a prescindere da chi impugni la pompa.

Cliccando sui punti della mappa, compare un pop-up che riporta nome dell’impianto e del gestore, l’indirizzo e il prezzo praticato, con la data cui fanno riferimento le informazioni. Perché, bisogna ammetterlo, qualche dato è vecchio di giorni. Ma, come direbbe Guglielmo da Ochkam, forse è più opportuno perfezionare un meccanismo che già esiste invece di crearne uno nuovo che faccia esattamente la stessa cosa.