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Come si misura l’impronta ecologica del cibo per cani e gatti?

Una ricerca apparsa i giorni scorsi sulla prestigiosa rivista Scientific Reports di Nature ha provato a fare il punto circa l’impatto ambientale delle diete di cani e gatti domestici. Risultato: il cibo umido produrrebbe otto volte più emissioni di riscaldamento climatico rispetto al cibo secco, mentre il cibo “fatto in casa” si troverebbe nel mezzo. La dieta di un cane può avere infatti la stessa impronta ecologica di quella di un essere umano. Un cane di 10 kg che mangia circa 500 calorie al giorno di cibo secco comporterebbe 828 kg di emissioni di CO2 all’anno. Se invece la sua dieta fosse prevalentemente umida produrrebbe 6.541 kg di CO2 equivalente all’anno, quasi quanto il cittadino brasiliano medio, la cui impronta di carbonio è di 6.690 kg di CO2 equivalente all’anno. Lo studio ha anche rilevato che si stima che in Brasile ci siano più cani che bambini. Se consideriamo i 52,2 milioni di cani in Brasile l’emissione totale sarebbe compresa tra 0,04 e 0,34 Gt di CO2 equivalente l’anno, che rappresenterebbe dal 2,9 al 24,6% dell’emissione totale stimata per tutto il paese, che ammonta a 1,38 Gt.

È evidente perché sia fondamentale discutere delle diete degli animali domestici all’interno del dibattito sulla riduzione dell’impronta ecologica dell’industria alimentare. Inoltre, la popolazione di animali da compagnia è in aumento, e una parte importante del pet food è composta da ingredienti ad alto impatto ambientale. Stando ai dati dell’ultimo rapporto di Assalco-Zoomark relativi al 2020 solo in Italia ci sarebbero 8,2 milioni di cani e 7,9 milioni di gatti. A cui si aggiungono 1,8 milioni di piccoli mammiferi (per esempio criceti e conigli) e 1,3 milioni di rettili, e ben 29 milioni di pesci e 12 milioni di uccelli. La Fediaf, la Federazione europea del pet food, ha stimato che quasi il 40% delle famiglie europee ha animali domestici: 88 milioni di famiglie, oltre 100 milioni di persone. Si stimano oltre 300 milioni di animali da compagnia in Europa, con un rapporto di 1 pet ogni 2,5 abitanti.

Anche precedenti ricerche in Giappone avevano rilevato che l’impronta ecologica di un cane può essere simile a quella di un cittadino giapponese, mentre un altro studio condotto negli Stati Uniti aveva suggerito che il cibo per cani fosse responsabile di circa un quarto dell’intero impatto della produzione di carne.

Molti fattori possono influenzare la sostenibilità del cibo, inclusa la scelta degli ingredienti, la composizione degli stessi, la digeribilità. A volte la scelta degli ingredienti viene effettuata prendendo in considerazione la domanda dei consumatori anziché solo la composizione nutrizionale, il che può portare a scegliere nutrienti che competono direttamente con le diete umane. Inoltre, le diete per gli animali a volte sono formulate per contenere un eccesso di nutrienti.
Le proteine ​​animali di solito hanno emissioni più elevate rispetto alle proteine ​​vegetali. Ad esempio, la produzione di 100 g di proteine ​​del pisello è responsabile dell’emissione di 0,4 kg di CO2 equivalente, mentre la produzione della stessa quantità di proteine ​​dalla carne bovina è responsabile di 35 kg di CO2 equivalente, quasi 90 volte di più. Anche confrontando l’allevamento di piselli con la più alta impronta di carbonio con l’allevamento con la produzione più bassa di manzo o pollo esiste un’importante differenza tra l’impatto delle proteine di origine animale e quelle di origine vegetale.

La ricerca ha esaminato un totale di 938 diete, 618 per cani e 320 per gatti. Uno dei motivi principali che rende il cibo umido così impattante è che il 90% delle calorie nelle diete umide proviene da ingredienti di origine animale, rispetto al 45% nelle diete secche. Sulle etichette sono stati trovati in totale 212 ingredienti, di cui il 46,2% di origine animale e il 53,8% di origine vegetale. Gli ingredienti delle diete umide e secche commerciali erano per il 49,5% da fonti animali e per il 50,5% da fonti vegetali. Infine, gli ingredienti delle diete “casalinghe” erano per il 45,3% di origine animale e per il 54,7% di origine vegetale.

È chiaro tuttavia che cani e gatti hanno esigenze nutrizionali diverse e sono considerati carnivori. Nello specifico, precisano gli autori, per quanto riguarda il fabbisogno proteico, potrebbero essere aggiunti aminoacidi sintetici per correggere possibili squilibri nutrizionali, anche se non è ancora stato valutato l’impatto ambientale di questa opzione. La soluzione? Forse gli insetti. Secondo i ricercatori il cibo per animali domestici potrebbe essere reso meno impattante utilizzando proteine alternative come gli insetti. Le emissioni di CO2 derivanti dalla produzione di insetti possono essere 10 volte inferiori a quelle della carne dei mammiferi degli allevamenti. I ricercatori hanno anche affermato che ridurre la fornitura di proteine ​​e grassi aiuterebbe, poiché tutte le diete analizzate fornivano più di entrambi rispetto a quanto raccomandato per cani e gatti.