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finanza

Le giovani libere professioniste italiane guadagnano ancora molto meno dei colleghi uomini

Secondo l’ultimo rapporto di Adepp, nel 2020 la differenza di reddito fra professionisti e professionisti è stata pari a circa il 55%, che significa che fatto 100 il reddito degli uomini, quello delle donne è stato di 45. Una differenza di reddito persistente per tutte le fasce d’età incluse le giovanissime. Fra i 20-30 enni le donne hanno dichiarato 13.074 euro annui, gli uomini 15.278 euro, in media: differenze minime e che più di tutto ci dicono che i giovani anche professionisti faticano molto a crearsi un reddito che permetta loro di essere indipendenti. Ben più interessante è il gap fra professioniste e professionisti in età “da famiglia”: fra i 30 e i 40 anni le donne dichiarano 18 mila euro annui, gli uomini 28 mila. Fra i 40 e i 50 anni le donne 26 mila e gli uomini 44 mila. Fra i 50 e i 60 anni le donne 34 mila e gli uomini 58 mila.

Un dettaglio non secondario è il seguente: nonostante il reddito medio delle libere professioniste sia circa 24 mila euro, la metà di loro ha un reddito inferiore ai 16.500 euro. Per contro la metà degli uomini ha un reddito inferiore ai 26.000 euro. Fra 16 mila e 26 mila euro annui la differenza è la possibilità di essere indipendenti. Per contro, la fascia d’età con reddito massimo risulta essere quella dei professionisti uomini con età compresa tra i 50 ed i 60 anni e i professionisti sotto i 30 anni dichiarano circa un quarto dei loro colleghi con età compresa tra i 50 ed i 60 anni.

Stiamo parlando di professionisti e professioniste iscritte a casse di previdenza diverse da INPS Gestione Separata, in quanto appartenenti a un ordine professionale (giornalisti, avvocati, medici, psicologi…). Tecnicamente insomma, i più “fortunati”. È importante precisare che nel computo di Adepp rientrano anche i professionisti con albo e con contratto di lavoro dipendente. Per confronto, il rapporto mostra anche i redditi dei professionisti rientranti nelle categorie delle professioni non ordinistiche differenziate per settore di attività. Si può notare come i redditi, in media, siano minori dei quelli prodotti dai professionisti iscritti ad un ordine professionale. In particolare, l’area di attività a maggior reddito risulta essere quella della consulenza gestionale (tra gli altri: consulenti d’impresa, amministrativo-gestionali e pianificazione aziendale) con un reddito medio di 25.394 euro annui. Altre categorie come il counselling, il supporto a strutture di accoglienza, servizi di formazione, non superano i 10 mila euro di reddito annuo.

È interessante fare un paragone con chi invece svolge – o è costretto a svolgere – attività libero professionale senza iscrizione all’albo: collaboratori a progetti, venditori, collaboratori occasionali di vario genere, medici in formazione specialistica, dottorandi o assegnisti di ricerca. Questi professionisti rientrano nella Gestione Separata di INPS. Secondo i dati dell’ Osservatorio sui lavoratori parasubordinati (aprile 2022)  il numero di lavoratori parasubordinati contribuenti nel 2020 è pari a 1.351.081, con un reddito medio di 23.720 euro (i collaboratori) e 15.357 euro (i professionisti): una media di 15.688 euro per le donne e e 28.398 per gli uomini.

Il divario geografico è notevole. In media, nel sud Italia il reddito dichiarato è del 48% inferiore al reddito dichiarato dai professionisti del Nord mentre la differenza tra Centro e Nord è di circa il 21%. Resta molto persistente la differenza di reddito tra uomini e donne quasi indipendente dalla provenienza geografica. I professionisti che dichiarano maggiormente sono gli uomini in Lombardia con un reddito annuo medio di circa 66 mila euro mentre il reddito più basso è dichiarato dalle professioniste Calabresi, circa 13 mila euro.

Nel complesso il reddito medio dei professionisti e delle professioniste è calato negli ultimi 15 anni. Per meglio contestualizzare le variazioni, il rapporto le confronta con l’andamento del PIL italiano. Se includiamo gli effetti dell’inflazione sui redditi, osserviamo che questi sono scesi, in termini reali, del 12% dal 2005. Come si diceva le cause di tale decrescita vanno imputate alla crisi del settore professionale ma non solo.In particolare, oltre all’effetto riforme, la diminuzione dei redditi è anche dovuta alla crescente quota di donne nelle professioni che, come vedremo nelle analisi successive, hanno mediamente redditi inferiori a quelli dei colleghi uomini e quindi l’aumento percentuale della componente femminile tra i professionisti contribuisce a ridurne il reddito medio complessivo.