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cronaca

Gli effetti dell’epidemia sul mercato del lavoro italiano

Gli effetti dell’epidemia sul mercato del lavoro italiano si sono fatti sentire praticamente ovunque, ma in particolare al nord. Lo mostrano gli ultimi dati sull’occupazione di italiani e italiane nel 2020, pubblicati dall’istituto europeo di statistica, e dettagliati fino a livello regionale.

A parte il Friuli-Venezia Giulia, in tutte le regioni del settentrione il numero di persone che ha un lavoro è diminuito in maniera significativa. Rispetto al 2019 i posti sono diminuiti di oltre un punto percentuale in Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna e Trentino-Alto Adige. A Bolzano il risultato peggiore, dove il tasso di occupazione è diminuito di 1,9 punti, mentre in Liguria il calo è stato limitato a 0,6 punti. Il Friuli-Venezia Giulia è stata l’unica regione italiana in cui nel 2020 ci sono state più persone occupate che nell’anno precedente.

Il Centro, e ancora meno il Sud, hanno invece visto una riduzione minore (sempre guardando al calo in punti percentuale), con l’eccezione della Sardegna dove invece l’occupazione è diminuita di 1,7 punti. Bisogna comunque ricordare che al centro-sud il mercato del lavoro è generalmente in condizioni peggiori che al nord, e il numero di persone che lavora è molto più basso. Questo rende anche piccole riduzioni comunque molto significative rispetto al settentrione, dove molte più persone hanno un posto.

I dati consentono di allargare lo sguardo all’intera Unione, mostrando anche come sono andate le cose nelle altre nazioni. Un po’ come in Italia, anche in Spagna e Irlanda la situazione del lavoro è stata generalmente negativa lungo tutte le direzioni geografiche. Nella prima, in effetti, il mercato del lavoro ha reagito ancora più negativamente che in Italia e il calo dei posti appare ben maggiore. Per dare un’idea, in Italia nel 2019 lavorava il 59% della popolazione fra i 15 e i 64 anni, numero poi calato al 58,1% nel 2020. In Spagna erano il 63,3%, ridotti al 60,9 l’anno dopo.

Lo stesso era successo in effetti dopo la recessione del 2008-09, quando gli occupati spagnoli avevano perso più degli italiani, per poi però recuperare più velocemente nel periodo successivo. Per capire se anche questa volta andrà così bisognerà comunque aspettare i prossimi aggiornamenti dei dati.

Più eterogenea invece la situazione in Francia e Germania. Il baricentro economico francese, ovvero la regione di Parigi, ha visto un calo dell’occupazione per 0,6 punti percentuali, tutto sommato relativamente modesto. Nel complesso la Francia ha visto una contrazione del tasso di occupazione piuttosto piccola, di 0,3 punti, che l’hanno portata nel 2020 a un valore del 65,2%. Leggermente peggiore il calo della Germania, che a -0,5 punti è scesa a un valore (comunque elevatissimo, rispetto agli standard italiani) del 76,2%.

Come ricorda Istat nel suo ultimo rapporto annuale, “l’occupazione, in crescita tra il 2014 e il 2019 seppure con ritmi via via meno intensi, nel 2020 ha subito un forte calo per effetto della pandemia, con conseguenze che si sono estese ai primi mesi del 2021”.

Nel corso della crisi”, scrive Istat, “il calo dell’occupazione si è accompagnato, con fasi alterne, alla diminuzione della disoccupazione e al contemporaneo aumento dell’inattività. Le misure di chiusura delle attività e le limitazioni agli spostamenti hanno scoraggiato e, in alcuni casi, reso impossibile la ricerca di lavoro e la stessa disponibilità a lavorare. In termini congiunturali, tale effetto è stato particolarmente accentuato a marzo 2020, attenuandosi con la graduale ripartenza dei

settori produttivi considerati non essenziali. Ad aprile 2021, rispetto a febbraio 2020, il numero di disoccupati è cresciuto di 174mila unità, fino a 2 milioni 670mila e quello degli inattivi è aumentato di 415mila unità, fino a 13 milioni 758mila. Il tasso di attività 15-64 anni ad aprile 2020 è sceso fino al 61,7%, il livello più basso da giugno 2011. L’indicatore è poi progressivamente risalito, con un’interruzione tra novembre 2020 e gennaio 2021, fino al 63,8% ad aprile 2021”.

Secondo l’istituto di statistica a partire dallo scorso febbraio l’impatto della pandemia sul mercato del lavoro è stato meno intenso anche se in un contesto di domanda di lavoro molto debole. Il tasso di occupazione (15-64 anni), sceso di 1,7 punti percentuali tra febbraio e aprile 2020 (al 57,0%) ha raggiunto il minimo a gennaio 2021 (56,5%) per poi risalire fino al 56,9% ad aprile. La perdita rispetto a febbraio 2020 è di 1,8 punti. Come spesso accade nelle prime fasi di recupero ciclico, la pur modesta crescita dell’occupazione ha portato un passaggio di individui dall’inattività alla disoccupazione. La crisi sanitaria ha penalizzato particolarmente i settori a prevalenza femminile. Di conseguenza le donne hanno sperimentato una diminuzione marcata dell’occupazione nel 2020 ma hanno beneficiato di più del recente recupero. Al contrario la flessione della domanda di lavoro seguita alla seconda ondata dei contagi dello scorso autunno, in gran parte assorbita dal ricorso alla cassa integrazione, ha interessato principalmente la componente maschile.

Tutto sommato il bilancio risulta simile per uomini e donne, con un leggero svantaggio per i primi: tra febbraio 2020 e aprile 2021 le occupate sono diminuite del 3,3% e gli occupati del 3,6%..