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economia

Anche nel 2021 i turisti sono stati la metà rispetto al 2019

Nei primi 9 mesi del 2021 ci siamo goduti le vacanze meglio di quanto abbiamo potuto fare nel 2020, un 31% di presenze in più, ma non ai livelli del 2019. Ci siamo invece spostati per lavoro esattamente quanto avevamo fatto nel 2020: poco. Lo fotografa un rapporto Istat pubblicato in questi giorni.

Si possono contare arrivi (persone che hanno prenotato una vacanza) o le presenze (numero di notti complessive). L’indicatore più interessante in relazione alla pandemia è forse il primo, che ci dice quante persone in più o in meno se la sono sentita o hanno potuto spostarsi per vacanza o lavoro. Emerge infatti che nel trimestre estivo (luglio-settembre) chi si è spostato lo ha fatto per tempi più lunghi, suggerendo anche che più persone che pensavano di spostarsi per poco tempo alla fine hanno preferito non farlo. Le vacanze lunghe sono aumentate di circa il 16% rispetto all’estate del 2020 riportandosi ai livelli del 2019, mentre le vacanze brevi sono calate del 23%, con performance peggiori nel mese di settembre (-43% rispetto allo stesso mese del 2020).

Il 2021 ha registrato un 9,6% di arrivi da parte di residenti in Italia rispetto al 2020 e il 31% in più di arrivi dall’estero. Totale: +16% rispetto al primo anno di pandemia. Rispetto al pre-pandemia però non c’è gioco, con il 29% di arrivi da parte di residenti e addirittura il 63% in meno di persone dall’estero: una contrazione totale degli arrivi del 46%.

Non per tutte le strutture è stato lo stesso: i risultati peggiori hanno riguardato gli alberghi, che hanno visto un calo delle presenza del 44% rispetto al 28% del settore non alberghiero. Quest’ultimo è quello che si avvicina maggiormente ai livelli pre-pandemici (86,6% del valore riferito al 2019)

Anche una stima di Eurostat calcola che il numero delle notti trascorse (che definiamo presenze) nelle strutture ricettive nell’Unione europea nel 2021 sia stato lo stesso del 2020 e la metà del 2019. In Italia l’impatto si è sentito leggermente meno: le presenze negli esercizi ricettivi sono diminuite del 38,4% e gli arrivi del 46,5%.

Una differenza va doverosamente fatta: quella fra stagione estiva e invernale di inizio 2021. Quest’ultima, su cui si regge grossa parte dell’economia montana, è stata completamente azzerata. Il primo trimestre dell’anno segna un calo dell’81,7% degli arrivi e del 79,7% delle presenze rispetto allo stesso trimestre del 2019. In particolare, la componente estera della clientela è pressoché assente (-93,7% le presenze) mentre quella domestica rappresenta poco più del 30% delle presenze del primo trimestre 2019. La flessione è evidente anche rispetto al primo trimestre del 2020 (-70,8%), poiché la crisi del settore generata dalla pandemia si è manifestata in maniera evidente a partire da marzo 2020.

Dove siamo andati di più? Qui il dato disponibile è quello delle presenze. Il podio è per Emilia-Romagna, (15,1% delle presenze complessive), Veneto (12,8%) e Toscana (11,1%), Seguono Puglia e Lombardia. A soffrire maggiormente è stato il turismo verso le grandi città (-70% di presenze rispetto al 2019), seguito a distanza dai comuni del turismo termale e da quelli montani e storici (-40%), mentre le località balneari sono quelle che hanno visto la minor contrazione rispetto al pre-pandemia (-25% di presenze circa).

E per lavoro? I viaggi degli italiani residenti per motivi di lavoro sono stati gli stessi del 2020: circa 1,5 milioni (per avere un paragone, i viaggi per vacanza sono stimati a circa 18 milioni). Le riunioni d’affari continuano a diminuire (-46,5%) mentre nel 2021 sono riprese le attività di rappresentanza, vendita, installazione o simili (+67%).

Inutile dire che Omicron sta mettendo in seria difficoltà i territori turistici, specie quelli montani, che speravano in un recupero della stagione precedente quasi andata perduta. Anche perché la maggior parte del turismo a cui la montagna italiana è abituata è legato allo sci, alla frequentazione di impianti e piste, specie in grandi comprensori turistici. Sono meno le persone che vivono la montagna, e questo vale anche in estate, per trekking, escursionismo o alpinismo individuale in zone meno battute. Alla fine del 2021 l’UNCEM ( Unione dei Comuni montani) stimava un 60% di disdette di prenotazioni durante le vacanze di natale.

Siamo preoccupati – spiega Marco Bussone, presidente nazionale Uncem – perché il danno dell’inverno 2021-2022 è peggiore di un anno fa. Nel dicembre 2020 gli albergatori e i ristoratori sapevano che sarebbero rimasti con numeri ridotti. Quest’anno no e quanto previsto, anche come magazzino di prodotti, a novembre 2021, oggi è impossibile da ammortizzare“.