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cronaca

Musica, solo il 40% dei baby boomers italiani utilizza le piattaforme di streaming

Solo il 40% dei baby boomers italiani appassionati di musica utilizza le piattaforme di streaming per ascoltare i brani dei propri artisti preferiti. A dirlo è il 2021 U.S. Year-End Report, pubblicato da MRC Data in collaborazione con Billboard, che pone il nostro paese in fondo alla classifica dell’ascolto digitale.

I dati, relativi allo scorso anno, sono stati rappresentati nell’infografica che apre questo pezzo. Ogni riquadro corrisponde ad una nazione, identificata dalla rispettiva bandiera. Ogni quadrato invece fa riferimento ad una generazione, specificata in base ai colori nella legenda che si trova nella parte bassa. Più un quadrato è grande e lontano dalla bandiera di riferimento, maggiore è la quota di appassionati di musica appartenenti a quella generazione che utilizza le piattaforme di streaming.

Come si vede, i boomers italiani sono tra i meno digitalizzati, almeno quando si tratta di ascoltare musica. Va peggio solo in Giappone (34%) e in Francia e Germania, entrambe ferme al 37%. Negli Stati Uniti, al contrario, per l’89% degli appassionati di musica nati prima del 1966 è normale ascoltare musica in streaming. Una percentuale che nel nostro paese non raggiunge nemmeno al Gen Z, quella dei nati dopo il 1998.

Avvicinandosi al presente con le date di nascita, il 59% degli appassionati di musica nati tra il 1966 e il 1981 utilizza le piattaforme di streaming, terza percentuale più bassa dopo quella di Giappone (51%) e Francia (53%). Tra i millennials si sale al 76% e anche in questo caso dietro a Roma ci sono solo Tokyo (70%) e Parigi (68%). Infine la Gen Z: nel nostro paese solo il 77% utilizza le piattaforme di streaming, il dato più basso in assoluto tra quelli dei paesi considerati. Negli Usa, vero punto di riferimento del mercato, siamo al 99%.

Più in generale, ma il dato non stupisce, in tutti i paesi considerati sono i più giovani i maggiori utenti delle piattaforme di streaming. A dirla tutta, non stupisce nemmeno che l’Italia sia in fondo alle classifiche quando si parla di digitale. Ma questa è un’altra storia.