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cronaca

Reddito, appartenenza politica e vaccini. Cosa dicono i sondaggi

In un articolo precedente abbiamo cominciato a esplorare gli ultimi numeri sull’esitazione vaccinale in Italia, trovando che esiste una certa (per quanto piuttosto debole) correlazione fra livelli di istruzione e propensione a vaccinarsi nelle diverse regioni.

In questa seconda parte guardiamo invece ad altre caratteristiche delle persone, a cominciare dalla loro condizione economica. Nelle aree più ricche ci si è vaccinati in maggior misura oppure no? Mettendo insieme le due variabili il quadro che emerge è che fra le cose non pare esserci nessun legame particolare.

Talvolta, come in Lombardia o Toscana, regioni con un buon livello di reddito sono anche quelle dove ci sono stati più vaccinati. D’altra parte troviamo anche esempi opposti, a cominciare dal caso esemplare della provincia autonoma di Bolzano che secondo i dati Eurostat è l’area più ricca d’Italia ma anche quella di gran lunga più arretrata nelle vaccinazioni.

Allo stesso tempo vediamo invece regioni come Sardegna, Puglia e Molise che  hanno comunque visto vaccinata un’ampia parte dei loro abitanti. Troviamo insomma tutti i possibili casi, e il livello di reddito (anche misurato a parità di potere d’acquisto, cioè tenendo in conto i diversi livelli dei prezzi nelle regioni) non sembra essere una variabile determinante per spingere le vaccinazioni in un verso o nell’altro.

 

 

Un’altra ricostruzione delle opinioni di italiani e italiane sui vaccini può essere fatta a partire dai diversi sondaggi che nel tempo hanno chiesto loro cosa ne pensano. Una rilevazione Demopolis pubblicata il 16 dicembre 2020, quando la campagna vaccinale non era ancora cominciata, aveva trovato che il 40% delle persone si sarebbero vaccinate non appena possibile, il 44% credeva di sì ma non subito e avrebbe preferito attendere, mentre un altro 16% non pensava di vaccinarsi.

In quel momento la preoccupazione principale per il 43% delle persone era che i vaccini avrebbero potuto avere effetti collaterali non previsti, per un altro 41% che erano stati realizzati troppo in fretta. Il 25% pensava che non sarebbero stati efficaci, il 24% che non fossero sicuro per alcune categorie mentre il 33% non aveva timori particolari. (Al sondaggio erano possibili risposte multiple).

 

Anche Ipsos ha condotto una rilevazione negli stessi giorni, e di particolare interesse perché divideva le risposte in base alle preferenze politiche. Anche qui si parla della sospensione di Astrazeneca, ed emerge che a opporsi di più a essa erano gli elettori del PD o di altre liste di centro-sinistra, mentre chi votava Lega, Movimento 5 Stelle, Fratelli d’Italia oppure era fra gli indecisi o i non votanti diceva più spesso che si era trattato di “una misura necessaria, che mi ha preoccupato molto e mi ha tolto fiducia sul fatto che i vaccini siano sicuri”.

Questa differenza negli elettorati mostra che se da un lato il livello di reddito non sembra contare troppo, un altro punto di spaccatura sono le opinioni politiche. L’evidenza suggerisce che i politici sono in grado di creare polarizzazione intorno al tema vaccinale, generando un senso di sfiducia. Non sappiamo se poi gli elettori dei partiti più scettici si siano effettivamente vaccinati meno. Ma questo è quanto meno quello che è successo negli Stati Uniti, dove gli stati che tendono a votare repubblicano – partito che ha più volte dubitato della necessità di vaccinarsi – hanno ancora oggi tassi di vaccinazione molto inferiori rispetto ai democratici. Anche il ruolo dei politici dunque sembra essere importante.

Riassumendo, insomma, fin dai primissimi momenti della campagna italiana erano presenti vari gruppi con diverse sfumature di ostilità ai vaccini. Un’ampia fetta di persone si sarebbe vaccinata praticamente sempre, mentre gli altri si dividevano fra indecisi o attendisti, e del tutto contrari. La maggior parte dei secondi, che pure rappresentava un ampio nucleo, si sono convinti e alla fine si sono spesso vaccinati. Questo può essere dovuto alla combinazione di diversi fattori: il fatto che con il passare del tempo è diventato sempre più chiaro che i vaccini erano sicuri e con effetti collaterali trascurabili nella maggior parte dei casi. Oppure a misure sempre più restrittive, a cominciare dal green pass, che hanno alla fine portato un certo numero di persone a vaccinarsi.

Così siamo arrivati ai numeri attuali, con il 79% delle persone che ha ricevuto almeno un dose.

Tuttavia lo zoccolo duro dei più contrari, che grosso modo comprende il 10% degli italiani, è rimasto della propria idea e anche l’introduzione di leggi ancora più severe non sembra aver spinto avanti le prime dosi in maniera decisiva.