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cronaca

Il processo di appello di Julian Assange, cosa rischia e un approfondimento

Seconda giornata, davanti all’Alta corte di Londra, per il processo di appello nei confronti del co-fondatore di WikiLeaks, Julian Assange, dopo il ricorso presentato dagli Usa contro la decisione della giustizia britannica che in primo grado a gennaio ha negato l’estradizione. Il cinquantenne giornalista australiano ha già trascorso sette anni nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra e due anni e mezzo nel carcere di massima sicurezza di Belmarsh.

175 anni

A gennaio il giudice britannico Vanessa Baraitser ha respinto la richiesta di estradizione di Washington, sostenendo che esisteva il rischio che Assange si suicidasse. Se estradato negli Stati Uniti, il co-fondatore di Wikileaks rischia una condanna a 175 anni.

Cosa succede ora. Oggi si concludono i due giorni di udienze  mentre per il verdetto finale ci potrebbero volere diverse settimane se non mesi: fino a un termine massimo indicato dai media entro Natale o ai primi di gennaio. In caso di mancate stradizione, gli Usa potranno rivolgersi solo alla Corte Suprema britannica. In caso di vittoria degli Usa, sarà comunque un altro tribunale ad avere l’ultima parola.

Cosa è successo finora. Assange è ricercato dagli Stati Uniti per spionaggio in seguito alla diffusione di circa 700.000 documenti segreti militari e diplomatici. E’ stato arrestato dalla polizia britannica nell’aprile 2019, dopo aver trascorso sette anni nell’ambasciata ecuadoriana a Londra, dove si era rifugiato quando era libero su cauzione. Usa e Svezia ne avevano chiesto l’estradizione per un caso di stupro, accuse poi ritirate.

Perché vogliono distruggere Julian Assange? Qui sopra la puntata di Think Tally Talk con l’intervista a Stefania Maurizi giornalista investigativa che ha scritto appunto “Il potere segreto. Perché vogliono distruggere Julian Assange e Wikileaks” (Chiare Lettere editore)